La vittoria di Leonardo: ha sconfitto la leucemia
e dopo il trapianto ora vince nel canottaggio

La vittoria di Leonardo: ha sconfitto la leucemia e dopo il trapianto ora vince nel canottaggio
di Francesco Padoa
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Martedì 21 Aprile 2015, 23:18 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 17:41
La vittoria più bella. Una gioia immensa, lì sul podio del lago di Piediluco, tra gli applausi di centinaia di spettatori e gli sguardi commossi e felici di Daniela e Marco Massai, i genitori di Leonardo. Due anni fa quella medaglia d’argento nel 1° Meeting Nazionale di canottaggio nessuno l'avrebbe lontanamente sognata, perché la sfida che Leo stava affrontando era un’altra. Era finito nelle acque turbinose e ignote della malattia, e ora che l'ha debellata, può festeggiare e farsi festeggiare. Ecco quando si dice "vedere la luce in fondo al tunnel": quella medaglia al collo, dopo duemila metri e una fatica terribile ai remi, è la conferma della fine di un incubo. La luce è realtà, adesso.



SUL PODIO

Splende sul podio, lo speaker regala emozioni, amici e compagni di squadra si commuovono, indossano le magliette con la scritta “Forza Leo” stampate apposta per salutare e incoraggiare Leo da sotto la finestra dell'ospedale nei lunghi mesi della malattia. C’è anche l’abbraccio di Giuseppe Abbagnale: il mitico Peppe pluricampione olimpico e mondiale, ora presidente della Federcanottaggio, ha seguito dall'inizio la storia di Leonardo.



LA MALATTIA

Tutto comincia in una calda giornata di giugno, anno 2012. In casa Massai - famiglia di canottieri, mamma e papà allenatori della Tevere Remo a Roma, Leo e Niccolò piccoli campioni che cresceranno - il dramma scoppia all’improvviso. Bollicine violacee sul corpo di Leonardo, corsa al Bambino Gesù, verdetto implacabile. Leucemia, e una delle forme più violente. Inizia il calvario, una sofferenza per Leonardo, che non capisce quella mobilitazione, ancora dodicenne, ma vede la sua vita sconquassata e traslocata brutalmente in una cameretta d’ospedale; una tragedia per mamma e papà, che invece ben sanno cosa si nasconde dietro quella terribile parola: leucemia. E si parte con ricoveri lunghi settimane, chemioterapia, cortisone che fa ingrassare Leo quasi fino a scoppiare. La terapia risucchia, quasi azzera, i globuli bianchi nel sangue - per eliminare quelli malati, con conseguenti infezioni e febbre altissima - toglie la forza, ora anche la fame, rende inermi. Si va avanti così, nove mesi d'inferno, pochi alti e moltissimi bassi, l'umore in casa Massai viaggia sotto i tacchi, la paura di non farcela riesplode a ogni complicazione.



I MIGLIORAMENTI

Poi, finalmente, le terapie cominciano a produrre l'effetto desiderato, le condizioni cliniche e fisiche di Leonardo di stabilizzano, il suo fisico di atleta, seppur stremato, alla fine ha la meglio. Ora si può cominciare a pensare al trapianto di midollo. Un protocollo sperimentale, quello adottato dal professor Locatelli, primario di Ematologia e Oncologia dell’ospedale Bambino Gesù, che la famiglia Massai ha accettato di seguire. Si cerca un donatore compatibile nella banca europea, il bacino è immenso, milioni i possibili donatori, ma dopo settimane l'unico individuato, in Germania, sfuma. Ancora dramma e timori.



IL TRAPIANTO

Alla fine è deciso: sarà papà Marco, il donatore. Questo è il nuovo percorso, utilizzare i genitori per il trapianto, e Leonardo è il 45esimo che al Bambino Gesù si sottopone alla donazione "made in family". Le cellule del padre vengono prelevate, centrifugate, ripulite dalla macchina “rivoluzionaria” e innovativa del Bambino Gesù, per essere preparate al trapianto. Che riesce perfettamente, sotto l'attenta guida del prof. Locatelli e di tutta la sua equipe.



LA CONVALESCENZA

E così, lentamente, Leonardo imbocca il percorso della guarigione. Dieta controllatissima, mascherina quando esce di casa, controlli periodici rigidissimi. Pian piano riprende forze e morale. E dopo un anno esatto dal trapianto ricomincia a fare una vita normale, il professore gli dà il via libera. «Quando mi ha detto: “Puoi tornare ad allenarti, non ci sono più ostacoli”, solo allora ho capito di essere veramente guarito, di avercela fatta», racconta Leonardo con un sorriso che disegna sul suo volto la felicità immensa che si porta dentro. Ed ora eccolo qui, con quella medaglia, esempio e speranza per le migliaia di giovanissimi che affrontano ogni giorno le sofferenze di questa malattia. Una medaglia la sua, che vale più di qualsiasi oro. La medaglia della vita.
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