Opera, Fuortes: «Serve una legge sugli scioperi nei teatri»

Opera, Fuortes: «Serve una legge sugli scioperi nei teatri»
di Fabio Rossi
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Mercoledì 30 Luglio 2014, 08:12 - Ultimo aggiornamento: 19:47

soddisfatto per la scelta del referendum sul piano industriale tra i lavoratori del teatro, che ha visto anche l’adesione della Cgil, perch importante il consenso sul progetto di sviluppo e risanamento. Carlo Fuortes, dallo scorso dicembre Sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma, incassa l’apprezzamento del sindaco Ignazio Marino per l’opera di risanamento e rilancio già avviata. Ma, dopo i danni «economici e d’immagine» causati dalle recenti agitazioni sindacali, il manager della cultura chiede al Parlamento di «ragionare molto bene sul diritto di sciopero all’interno dei teatri», per evitare che «poche persone possano mettere a rischio il diritto al lavoro della maggioranza dei loro colleghi», nonché quello degli spettatori «di godersi spettacoli per i quali hanno magari organizzato appositamente una visita a Roma».

Il consiglio di amministrazione di ieri apre spiragli di luce in una situazione che era diventata molto difficile.

«Il Cda ha deliberato che non ci sono e condizioni per la liquidazione. Tutto ciò mentre una sigla sindacale, la Cgil, che ancora non ha aderito al piano industriale, ha deciso che accetterà l’esito del referendum tra i lavoratori, che si svolgerà entro la fine della settimana».

Una scelta che cambia le carte in tavola?

«Sono molto felice dello svolgimento di un referendum sul piano industriale: il teatro per funzionare al meglio deve avere un ampio consenso sul progetto di sviluppo e di risanamento».

Sono previste garanzie per i dipendenti del Teatro?

«L’accordo prevede nessun licenziamento, né mobilità, e il mantenimento degli stessi livelli dei salari. Non ci poteva essere un piano industriale più favorevole. A settembre parleremo della dotazione organica possibile e non di quella attuale e, quindi, delle scelte in materia organizzativa».

Il sindaco Marino ha comunque parlato di «ingenti perdite economiche e di immagine» causate dagli ultimi scioperi. C’è qualcosa da rivedere?

«Credo che in questo settore gli scioperi debbano essere regolati in qualche modo. Si tratta di un diritto inalienabile, sia chiaro, ma in un teatro dell’opera basta che pochi lavoratori incrocino le braccia per mettere a rischio il diritto al lavoro di centinaia di persone. E non credo questo sia giusto: è la maggioranza dei lavoratori a dover decidere».

Quali sono le possibili soluzioni al problema?

«Purtroppo fino ad oggi nei teatri molto spesso una certa democrazia è mancata. Sicuramente c’è un problema di diritti. Credo che il Parlamento dovrebbe ragionare molto bene sul diritto di sciopero all’interno dei teatri. Quando, come in questi giorni, ci veniamo a trovare al contrasto tra due diritti, quello al lavoro di molti e quello allo sciopero di pochi, con le leggi attuali ci si trova in una situazione di impasse che privilegia il diritto di sciopero dei pochi».

Avete quantificato i danni subiti per le recenti agitazioni sindacali?

«I danni economici sono ingenti e vanno contro la stessa collettività, perché creano un inevitabile sperpero di finanziamenti pubblici. In questi giorni abbiamo rimborsato già 300 mila euro di biglietti venduti, a cui va aggiunto il calo della vendita per i prossimi spettacoli: abitualmente incassiamo 40-50 mila euro per giornata, ora siamo sui 10-15 mila».

Ma il trend per il 2015 è positivo.

«In questa situazione siamo riusciti a preparare in anticipo il programma per il prossimo anno, che abitualmente viene pubblicato a ottobre, con un incremento del 30 per cento delle recite. Abbiamo anche risultati incredibili sul fronte degli abbonamenti: ci sono già 150 nuovi abbonati».

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