Atac, il piano per evitare la bancarotta: 200 milioni e apertura ai privati

Atac, il piano per evitare la bancarotta: 200 milioni e apertura ai privati
di Andrea Bassi
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Sabato 25 Luglio 2015, 08:28 - Ultimo aggiornamento: 08:31
«Atac: come far viaggiare gratis i romani e ridurre le tasse di 550 milioni di euro». Non è il titolo di un film di fantascienza o la burla di un buontempone. È l’incipit, provocatorio, di un rapporto che meno di un anno fa è stato pubblicato da Ugo Arrigo e Andrea Giuricin, due ricercatori dell’Istituto Bruno Leoni. La coppia, nel documento, ha sciorinato una serie di dati impietosi sui costi dell’Atac, messi a confronto con quelli di concorrenti ben più efficienti. Ma il punto interessante è che per scovare aziende del trasporto locale in grado di portare i viaggiatori da un punto “A” ad un punto “B” senza perdere milioni di euro, i due non sono dovuti andare troppo lontano. È bastato spostarsi nella periferia della stessa Capitale, dove nel 2010, dicono «quasi per sbaglio» è stato deciso di mettere a gara la gestione di 29 milioni di vetture-chilometro di linee, assegnate al consorzio Roma Tpl. Ebbene, ogni chilometro percorso da una vettura di Atac costa 7,3 euro. Un chilometro percorso da un mezzo di Roma Tpl ne costa 4,54 euro, quasi tre euro in meno. Certo, se uno volesse guardare all’estero c’è pure chi fa meglio. Nel Regno Unito, da Liverpool a Birmingham fino a Manchester, un chilometro-vettura delle società di trasporto pubblico costa in media 2,4 euro.



Un’eccellenza, ma anche rispetto al confronto più utilizzato, quello con la Svezia, il risultato è impietoso: far percorrere un chilometro ad un autobus a Roma costa quattro volte che a Stoccolma.



Se ad Atac si associassero i costi inglesi, spiegano i ricercatori dell’Istituto Bruno Leoni, si risparmierebbero circa 800 milioni l’anno. Atac, insomma, è decisamente inefficiente. Le ragioni le ha spiegate bene un’altra analisi, effettuata nei giorni scorsi da Wikispesa, il portale che censisce gli sprechi della spesa pubblica italiana. Il principale problema della società sono i costi fissi. A cominciare da quelli del personale. Come dimostrano le varie inchieste su «parentopoli» le assunzioni sono state alquanto discutibili. E soprattutto eccessive. La società ha ormai oltre 12 mila dipendenti. Un esercito di persone che costa 550 milioni l’anno. Con la vendita dei biglietti Atac riesce a coprire solo il 23% dei suoi costi totali e meno del 50% dei soli costi del personale. Il resto arriva dalle tasse dei cittadini, che negli ultimi quattro anni hanno dovuto sostenere i bilanci della società con quasi 3 miliardi di euro.



PROFONDO ROSSO

Nonostante questo i conti negli ultimi anni si sono sempre chiusi in profondo rosso. In un lustro è stato bruciato oltre un miliardo di euro. Nei primi sei mesi di quest’anno il conto è già a meno 60 milioni. Se ieri il sindaco di Roma Ignazio Marino non avesse annunciato la ricapitalizzazione da 200 milioni, Atac avrebbe dovuto portare i libri in tribunale. Come avverrà questa ricapitalizzazione? Quaranta milioni saranno denaro contante che il Campidoglio ha trovato tra le pieghe del suo bilancio. Altri 140 milioni circa, sono previsti attraverso il conferimento ad Atac dei treni della linea C della Metropolitana. Un’altra ventina di milioni potrebbero arrivare dalla Regione che si è anche impegnata a sbloccare 300 milioni di vecchi crediti. In teoria servirebbe anche un’autorizzazione del governo, perché ai Comuni è fatto divieto di ricapitalizzare municipalizzate che sono in perdita da oltre tre anni. Ma se il capitale è azzerato e c’è il rischio di finire con i libri in tribunale, come nel caso di Atac, allora versare altri soldi dovrebbe essere possibile.



LA FASE DUE

La vera domanda è: tutto questo basterà? L’attuale ad Danilo Broggi, «licenziato» ieri da Marino che lo aveva chiamato nel 2013, sostiene di sì. Con il nuovo contratto di servizio che dovrebbe entrare in vigore il primo agosto, e che vale 550 milioni, e la ricapitalizzazione, nel 2016 la società raggiungerebbe il pareggio di bilancio. A quel punto scatterebbe la fase 2 del piano di Marino: la privatizzazione del 49%. Trovare un socio per un gruppo super indebitato e che perde soldi a rotta di collo, è un’impresa. Si era parlato dei cinesi, produttori di autobus, della King Long. Difficile che entrino in queste condizioni. A non aver mai nascosto interesse per il trasporto pubblico locale, Atac in primis, sono state le Ferrovie. Michele Elia, proprio in un’intervista al Messaggero, aveva dichiarato il suo interesse, subordinandolo però ad un piano integrato per il trasporto che avrebbero dovuto coinvolgere Regione e Comune. E comunque Bus Italia, la controllata delle Fs che si occupa del settore, non è mai entrata in nessuna società locale come socio di minoranza. Ha sempre voluto pieno controllo e pieni poteri.



Dunque trovare un partner di minoranza potrebbe essere complicato. Anche considerando che nel 2019 scade l’affidamento in house del servizio ad Atac e allora le scelte saranno in effetti solo due: privatizzare o rassegnarsi a dover competere in una gara contro altre aziende. E 7,33 euro a chilometro per vettura potrebbero essere un prezzo decisamente fuori mercato.
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