Renzi e Padoan fanno asse con Draghi: «Subito la riforma del lavoro»

Matteo Renzi
di Alberto Gentili
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Domenica 24 Agosto 2014, 11:39
In vista del Consiglio europeo del 30 agosto e della battaglia d’autunno in nome di maggiore flessibilit in cambio di riforme, il cerchio si stringe. I protagonisti del fronte anti-rigore escono allo scoperto.



LA TRIANGOLAZIONE

Dopo aver incontrato segretamente Matteo Renzi nella sua casa di Città della Pieve alla vigilia di Ferragosto, Mario Draghi l’altro ieri a Jackson Hole ha messo a verbale il suo appello a favore della flessibilità e di «scelte di bilancio più favorevoli alla crescita». Con una richiesta esplicita rivolta all’Italia: «La riforma del mercato del lavoro non è più rinviabile, la disoccupazione va combattuta superando le attuali rigidità». Ebbene, come in un copione ben studiato e con il proposito di chiudere la querelle di inizio agosto, ventiquattr’ore dopo Renzi ha dichiarato: «Le cose che ha detto Draghi sono cose di buonsenso». E il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan: «Il disegno di politica economica del presidente della Banca centrale europea è fortemente in sintonia con le linee guida avanzate dalla presidenza italiana dell’Europa». Al coro si sono uniti i francesi, che con un deficit-Pil oltre il 4%, hanno un disperato bisogno di un occhio meno arcigno di Bruxelles: «Sarebbe ottimo se tutti i Paesi europei facessero quello che ha cominciato a fare Renzi in Italia. Basta con il rigore», ha detto Arnaud Montebourg, responsabile dell’Economia d’Oltralpe.

Il governo è anche determinato a offrire il «segnale forte» richiesto da Draghi. Renzi vuole far arrivare in porto la legge delega sul lavoro «il prima possibile». Lo dice Padoan: «E’ indispensabile una efficace e credibile strategia di riforme strutturali a partire dal mercato del lavoro». Lo conferma Filippo Taddei, consigliere economico del premier: «Il nostro impegno è approvare la riforma entro dicembre. Ma se il Senato la licenzia prima della fine di settembre, è possibile ottenere il via libera definitivo della Camera in ottobre». Giusto in tempo per presentarsi «con le carte in regola» alla stretta finale della trattativa con i partner europei.



IL MERCATO

Nei piani di Renzi non c’è la revisione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Come ha detto il ministro Giuliano Poletti, «se ci infiliamo in quel braccio di ferro non portiamo a casa nulla». Così la maggiore flessibilità in uscita sarà introdotta solo per i neo assunti, e «solo per i primi tre anni», spiega Taddei, «grazie al contratto a tutele crescenti, che renderà appetibile alle imprese assumere a tempo indeterminato».

Nel giorno in cui attacca i «salotti buoni», il «capitalismo di relazione» e i «soliti noti», Renzi usa parole dure anche con il fronte del rigore. Il segno che la partita sta entrando nel vivo: «Draghi ha ragione anche quando dice che chi fa le riforme e cambia le cose che deve cambiare - e l'Italia ne ha tanto bisogno - ha il dovere di mettere in campo tutti gli strumenti di flessibilità che ci sono. Non si tratta di inventarsi cambi delle regole, noi rispettiamo la regola 3% e la rispetteremo. Ma diciamo anche che l'Europa non può essere soltanto, tagli, vincoli e spread». Ancora, quasi come se avesse ascoltato l’invito di Montebourg ad «alzare la voce» con la Germania e con Bruxelles: «L'Europa deve fare l'Europa. Se deve stare lì a fare l'elenco delle raccomandazioni, non ci serve. A noi servono le raccomandazioni della Commissione se c’è un ideale politico, se c’è un afflato alto, se c’è la voglia di cambiare il mondo. Se devo stare dentro un'organizzazione di burocrati, ne ho talmente tanti a casa mia che non ho bisogno dell'Europa... L'Europa deve essere luogo della risposta politica. Quando sento dire che l’Europa ci salverà mi viene da ridere: l’Italia dà all’Europa più soldi di quelli che l’Europa dà all’Italia. E nel fondo Salvastati noi abbiamo messo soldi che altri hanno preso». In estrema sintesi: «Noi stiamo aiutando l’Europa, non è l’Europa che aiuta noi».



«NON SI ROMPE CON LA MERKEL»

I toni non debbono però trarre in inganno. Renzi non ha alcuna intenzione di legarsi a filo doppio con Parigi («la debolezza francese potrebbe essere contagiosa», dice un suo collaboratore) e neppure di andare allo scontro con Angela Merkel: «Prendere a spallate Berlino non è mai utile, si finisce in stallo». Piuttosto il premier italiano vuole convincere la Cancelliera, anche lei alle prese con la recessione, «a dare finalmente il via libera a politiche espansive, visto che il rigore cieco ha ucciso l’Eurozona».
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