La tesi renziana che l’accordo sulla legge elettorale debba reggere, sembra confermata dal fatto che dopo oltre tre ore di confronto, dai toni anche molto aspri, il testo della legge elettorale sia stato licenziato dalla commissione presieduta da Francesco Paolo Sisto (FI) con il sì di tutti i partiti della maggioranza e di FI, contrari M5S, Lega, Fdi, assente Sel per il congresso. Sono rimaste tuttavia aperte due questioni di primaria importanza: l’attribuzione, tra Parlamento e governo, del compito di ridisegnare gli oltre 150 collegi elettorali e la sempre più accesa disputa sulle preferenze. Sul primo punto si sono scontrati, da un lato, la maggioranza favorevole ad attribuire la delega per i collegi al governo e, dall’altro, FI intenzionata a dare questo compito alle Camere. La soluzione di compromesso è stata raggiunta facendo passare il testo del relatore Sisto, con allegata una prima individuazione di 157 collegi per la Camera e 86 per il Senato, ma con la clausola di cedere la delega al governo qualora la mole degli emendamenti sulla definizione dei collegi mettesse a rischio l’intera legge elettorale.
NODO COMPLICATO
Più complicato appare il superamento del nodo sulle preferenze. Argomento che Renzi trova «un po’ pretestuoso», ma che Alfano assume a proprio cavallo di battaglia, al punto di rivolgere «un appello a Berlusconi perché si ravveda sul no alle preferenze». «Non si comprende - sostiene tra l’altro il leader del Ncd - per quale ragione le preferenze ci siano nei Comuni, nelle regionali e nelle europee mentre dovrebbero essere cancellate alle politiche nazionali». Appello che però - ancor prima di ricevere il niet di Denis Verdini consultato dalla responsabile riforme del Pd Maria Elena Boschi - viene seccamente bocciato da Dario Franceschini: «Vedo che le preferenze sono diventate improvvisamente popolarissime, ma io - afferma il ministro per i Rapporti con il Parlamento - che ho iniziato a prenderne, e molte, a vent’anni, sento il dovere morale di dire che oggi sarebbe un errore enorme reintrodurle».
All’invito di Enrico Letta a riconsiderare la possibilità di favorire la scelta degli elettori con il sistema delle preferenze, reagisce seccamente Renato Brunetta parlando di «entrata a gamba tesa del premier», al quale suggerisce «più cautela» in un argomento su cui il governo aveva detto di «non volersi intromettere». Sull’ok dato alla legge in commissione, si registra qualche mal di pancia anche di Scelta civica che, con Renato Balduzzi, conta di poter apportare miglioramenti nel confronto d’aula, augurandosi che «non vi siano veti o ultimatum da parte di nessuno». Il dibattito sembra essere suggellato dall’intervista serale di Renzi, il quale si dice «certo che un punto d’intesa si troverà», lanciando l’ultimo avvertimento ai «piccoli partiti», i cui veti - dice - «hanno fregato l’Italia per tanti anni», ma che ora, «davanti alla riforma epocale che dobbiamo fare, non hanno senso».
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