Pdl, salta l'ufficio di presidenza: scissione più vicina. Berlusconi: «Forza Italia è la casa di tutti chi non si riconosce se ne vada»

Silvio Berlusconi
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Venerdì 15 Novembre 2013, 16:09 - Ultimo aggiornamento: 20:57

Pdl vicino alla scissione. Sale la tensione tra i governativi dopo la decisione di non convocare l'ufficio di presidenza del Pdl per modificare il documento da portare domani al Consiglio Nazionale. L'ipotesi di tenere la riunione era stata presa in considerazione dal Cavaliere al termine di un lungo incontro con Angelino Alfano e la delegazione dei ministri del Pdl.

A questo punto, a meno di cambi di scena, i governativi si preparano a disertare domani la riunione del Consiglio. Inoltre tra di loro c'è anche chi avanza l'idea di ufficializzare già questa sera la nascita dei nuovi gruppi. La raccolta di firme sarebbe già completata ed i numeri diffusi dalle colombe attesterebbero al vicepremier 33 senatori e 27 deputati.

Intanto il giro di consultazioni di Berlusconi continua senza sosta. In serata il Cavaliere incontrerà Raffaele Fitto, capofila dei lealisti.

«I falchi hanno impedito a Berlusconi questo ultimo tentativo di mediazione. Hanno voluto rottura», scrive su Twitter Roberto Formigoni, senatore del Pdl e uno dei leader degli innovatori al fianco di Angelino Alfano.

«E' indispensabile restare uniti e lottare insieme, noi moderati, per unire imoderati», aveva affermato in precedenza Berlusconi in un messaggio al Pdl in vista del Consiglio nazionale di sabato mattina, dove il partito rischia sempre più la spaccatura.

«Domani dal palco del Consiglio Nazionale ripeterò quello che ho già detto più e più volte, fino allo sfinimento.

Forza Italia è la casa di tutti, di coloro che hanno contribuito a fondarla, di coloro che si sono spesi per farla crescere, di quelli che vi hanno aderito o decideranno, spero, di aderirvi nel prossimo futuro», sottolinea Berlusconi nel lungo messaggio. «È la casa di chi crede nella grande forza dei moderati italiani - spiega ancora il Cavaliere -. È la casa di chi antepone l'amore all'odio, di chi non coltiva l'invidia e la maldicenza, di tutti coloro che all'egoismo e ai piccoli, talvolta meschini, interessi personali antepongono sempre il bene comune».

«Chi non si riconosce più nei valori del nostro movimento è libero di andarsene - aggiunge Berlusconi -. Ma chi ancora ci crede ha il dovere di restare e combattere perché questi valori trionfino finalmente nel nostro Paese. Perchè ora più che mai, in questo momento buio per l'economia e per la giustizia, ora più che mai tutti insieme dobbiamo difendere la nostra libertà, dobbiamo batterci con Forza Italia, perché siamo convinti che la difesa della libertà è la missione più alta, più nobile e più entusiasmante che ci sia».

«Dopo aver parlato e ascoltato decideremo insieme il nostro futuro. Ognuno, dopo aver parlato ed ascoltato, sarà libero di fare le sue scelte. Ricordandosi della responsabilità che il voto di milioni di persone ci ha affidato e che a loro e solo a loro ognuno di noi è chiamato a rispondere del proprio operato», continua il Cavaliere.

«Ho sentito parlare di raccolte di firme tra i nostri parlamentari: le uniche firme che a me interessano sono quelle di milioni di donne e di uomini che hanno creduto e credono in noi. E che nelle urne ci hanno concesso la loro fiducia», afferma ancora Berlusconi.

«Non cambierò io, non cambierà Forza Italia. Se così non fosse, se Forza Italia diventasse qualcosa di diverso, di piccolo e meschino, se diventasse preda di una oligarchia, se rischiasse una deriva estremista, sarei io che l'ho fondata a non riconoscermi più in questo progetto», osserva poi l'ex premier.

«Dopo lo spettacolo che la nostra classe dirigente ha offerto in queste ultimi giorni, perché un padre di famiglia, una donna, un giovane dovrebbe raccogliere questo appello. Perché i moderati italiani dovrebbero unirsi a noi, quando fossimo noi i primi a dividerci», rileva ancora Berlusconi.

La guerra dei numeri intanto va avanti. Il sipario del Consiglio nazionale che sancirà la fine del Popolo della libertà e la rinascita di Forza Italia sta per alzarsi. Ma i conteggi non si arrestano, nella sede di San Lorenzo in Lucina, così come negli uffici degli alfaniani. Perché i numeri questa volta contano. L'ordine del giorno di questo secondo (e ultimo) Consiglio nazionale del Pdl è scarno: apertura dei lavori, relazione del presidente Silvio Berlusconi, voto della delibera dell'ufficio di presidenza per il passaggio a Fi, conclusioni. Per giorni i governativi hanno chiesto a gran voce lo spazio per un dibattito e alla vigilia il Cavaliere fa sapere che non è un problema. Ma non ci sarà niente da discutere, se Alfano e i suoi decideranno che la Fi a trazione lealista non è più la loro casa. Perciò, ancor più di quanto avverrà sul podio, con sullo sfondo le bandiere di Forza Italia, a contare sono i numeri.

Alle ultime battute di una guerra di cifre che, a voler tirare le somme sulla base dei dati forniti da lealisti e governativi, dà un totale di molto superiore agli 868 effettivi componenti del Cn (che sono parlamentari, ministri, coordinatori locali, presidenti di regione e provincia, sindaci di città capoluogo, dirigenti giovanili). In calce al documento dell'ufficio di presidenza, presentato da Berlusconi e sostenuto dai lealisti, si conterebbero al momento 650 firme.

Ma, assicura chi lavora alla raccolta delle adesioni, nelle ultime ore stanno crescendo: «Chi era dall'altra parte, chiama per aderire». Niente affatto, ribattono i "governativi", che vantano oltre 300 firme al loro documento in otto punti in cui si conferma il sostegno all'esecutivo Letta. Una settantina di delegati avrebbero firmato entrambi i testi. Ma se ci sarà il redde rationem, domani, dovranno scegliere.