Pdl, Berlusconi rinnega il patto: nessuna garanzia al governo. Alfano vicino alla scissione

Pdl, Berlusconi rinnega il patto: nessuna garanzia al governo. Alfano vicino alla scissione
di Alberto Gentili
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Venerdì 15 Novembre 2013, 07:57 - Ultimo aggiornamento: 16:21

Silvio Berlusconi ha fatto il miracolo, e alla fine riuscito a sorprendere perfino se stesso. Dopo aver aizzato e foraggiato i falchi di Raffaele Fitto e Daniela Santanch, ieri ha abbracciato le colombe di Angelino Alfano. Un ribaltone ornitologico con un solo obiettivo: celebrare la kermesse di domani al palazzo dei Congressi, la rinascita di Forza Italia, «senza bagni di sangue». Senza scissioni. Senza facce arrabbiate e, dunque, poco telegeniche. Ohibò. Il problema è che al Cavaliere il giocattolo è sfuggito di mano. Dopo l’abbraccio notturno con Alfano è scattata la rivolta dei falchi di Fitto & C. E lo psicodramma è ricominciato. A parti invertite. Con un problema: la festa forzista rischia di finire in rissa. Oppure essere intristita da una scissione: l’epilogo più probabile.

IL PATTO VIOLATO

L’altra notte, uscendo poco prima dell’una da palazzo Grazioli, Alfano aveva la faccia contenta. In tasca non teneva nulla: Berlusconi si è ben guardato dall’apporre firme. Ma nel cuore cullava la promessa del Grande Capo: «Angelino avevi ragione, quelli sono dei matti (i falchi, ndr.)», aveva detto il Cavaliere, «io voglio l’unità, voglio un partito forte e unito in vista del voto sulla decadenza. E poi, chissà, mi dicono che stanno per arrivare buone notizie dall’America, ci sono carte che dimostrano la mia estraneità da Frank Agrama. Forse si può riaprire il processo...». Sorriso da acquolina in bocca. «Ma è sicuro, presidente, di poter difendere l’accordo?», aveva replicato timidamente Alfano. «Ma certo, tranquillo. Terrò il punto. Il patto non si tocca».

Nel patto c’era l’impegno a nominare due coordinatori nazionali (Carfagna e Lupi), con poteri di firma congiunta su candidature, ecc. C’era la promessa di convocare per oggi un nuovo Ufficio di presidenza per mettere nero su bianco un documento che garantisse i governativi: niente crisi di governo quando per Berlusconi scatterà la decadenza da senatore e niente elezioni anticipate fino al 2015 «quando, caro presidente, sarai probabilmente nuovamente candidabile...». In più, secondo qualche governativo, c’era anche la richiesta del Cavaliere di far slittare il voto del 27 novembre. Ma Alfano smentisce: «Non è nella mia disponibilità, il Pd non vuole. Grazie a noi la decadenza è già slittata di due mesi e mezzo...». Appena i falchi fiutano l’agguato, Fitto riunisce Santanché, Denis Verdini, Sandro Bondi, Maria Stella Gelmini nella sede di piazza San Lorenzo in Lucina. Un vero consiglio di guerra, con una prima decisione: «Denis, vai da Berlusconi a vedere se è vero. Se lo fosse, questa volta ce ne andiamo noi». Verdini corre a palazzo Grazioli e sbianca all’istante: è tutto vero, il «capo si è consegnato ai traditori». Telefonata di Fitto: «Presidente, se decide di arrendersi noi non ci arrendiamo. Daremo battaglia, serve una conta, serve chiarezza». E tra i falchi scatta l’idea di presentare «comunque» un documento al Consiglio nazionale. Quello dell’Ufficio di presidenza di fine ottobre. Quello che lega le sorti del governo alla decadenza del Grande Capo, dà tutti i poteri a Berlusconi, azzera Alfano.

Berlusconi, raccontano, non la prende bene. Ma dà una prima soddisfazione agli insorti: niente convocazione dell’Ufficio di presidenza per oggi. Però chiama i pontieri Maurizio Gasparri e Paolo Romani e gli affida un compito (quasi) impossibile: mettere nero su bianco un documento - che verrà poi ripreso dal Cavaliere nel suo discorso - che possa sancire la tregua. I due cominciano all’ora di pranzo. A notte non avevano finito. Sospiro di Gasparri: «Quando c’è la mediazione tutti si arrabbiano. Siamo in una situazione di 1-X-2». Sospiro di Romani: «Stiamo limando avverbi, aggettivi e perfino punti e virgola. C’è un problema di incomunicabilità fisica tra le parti: dopo ogni correzione concordata con Alfano tocca telefonare a Fitto. E si ricomincia...». I falchi stazionano in San Lorenzo in Lucina, le colombe al Senato nell’ufficio di Renato Schifani. Roberto Formigoni prima di entrare alle sette di sera in una nuova riunione sbotta: «Fitto e Verdini stanno sottoponendo Berlusconi a una pressione invereconda per impedire l’accordo. Vogliono la scissione a tutti i costi e probabilmente l’avranno. Per noi il Consiglio nazionale va rinviato». Carlo Giovanardi è sulla stessa linea: «Ma come si fa a litigare tutti i giorni? Meglio una separazione consensuale, loro si prendono Forza Italia noi il Pdl». Sintesi di Paolo Naccarato: «Ormai costituire gruppi autonomi è inevitabile, inutile andare sabato a fare la claque per essere cacciati lunedì».

LA MARCIA INDIETRO

Scatti di nervi anche nella sede presidiata dai falchi. Sentite Maria Stella Gelmini: «Alfano va dicendo in giro che c’è l’accordo, ma non è vero. Aveva chiesto l’Ufficio di presidenza e non l’ha ottenuto. Ha preteso il rinvio del Consiglio nazionale e non ha incassato neppure quello. Un documento? Non ci risulta». E Fitto, prima di tornare a far visita al Cavaliere: «Vogliono due coordinatori, ma non si rifondava Forza Italia per dare tutto il potere in mano a Berlusconi? Che fanno, commissariano Silvio? Balle! In verità Alfano vuole rompere». A notte, così, il Cavaliere è tornato a riabbracciare i falchi. Con un problema: la kermesse di domani, da Festa della Rinascita, probabilmente si trasformerà nel funerale del partito unito. Commento serale di Alfano: «Tutti gli impegni presi l’altra notte da Silvio si sono dissolti. Che altro dire...».

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