Yemen, morto l'ostaggio americano Somers. Ucciso anche il sudafricano Korkie

Yemen, morto l'ostaggio americano Somers. Ucciso anche il sudafricano Korkie
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Sabato 6 Dicembre 2014, 10:05 - Ultimo aggiornamento: 7 Dicembre, 19:34

Due ostaggi tenuti prigionieri da militanti affiliati ad Al Qaeda in Yemen, l'americano Luke Somers e il sudafricano Pierre Korkie, sono morti nel corso di un raid deelle forze Usa per tentare di liberarli nella provincia meridionale di Shabwa. Somers, 33 anni, giornalista americano, era stato rapito da al Qaida oltre un anno fa nello Yemen. Korkie era un insegnante.

Somers e un secondo ostaggio non americano sono stati uccisi dai terroristi di al-Qaeda, nel corso dell'operazione condotta dalle Forze speciali statunitensi in Yemen per liberarli, ha affermato il segretario alla Difesa Usa, Chuck Hagel, precisando che il raid per tentare la sua liberazione è stato ordinato dal presidente americano Barack Obama «in presenza di elementi determinanti sull'esistenza di un pericolo imminente per la vita di Somers».

Obama ha condannato la «barbara morte» dell'ostaggio americano.

Secondo quanto riporta il New York Times, che cita un leader tribale yemenita, Tarek al-Daghari al-Awlaki, anche due militanti di Al Qaeda e almeno otto civili sono stati uccisi negli scontri a fuoco seguiti al raid americano.

Il raid americano è stato condotto da una squadra dei Navy Seals, le forze per le operazioni speciali della marina americana famose anche per l'uccisione di Osama bin Laden.

Lo riferisce la Cnn, spiegando che il team è stato trasportato sul luogo dove erano prigionieri gli ostaggi con un Osprey, un aereo a decollo verticale. Subito è scoppiato un conflitto a fuoco. Gli ostaggi - Somers e il sudafricano Pierre Korkie - sono stati caricati sull'Osprey per essere condotti su una vicina nave militare americana.

Uno degli ostaggi è morto prima ancora di arrivare sulla nave e l'altro è deceduto successivamente, riferisce una fonte americana citata dalla Cnn. Durante tutta l'operazione l'area del raid è stata sorvolata da droni e caccia dell'aviazione americana.

Korkie avrebbe dovuto essere liberato domani. Lo sostiene l'organizzazione non governativa Gift of Givers, per cui lavorava e che aveva aperto una trattativa per il suo rilascio. Korkie era stato rapito nel maggio 2013 assieme alla moglie Yolande, che era stata poi rilasciata e aveva fatto ritorno in Sudafrica in gennaio. A quanto si apprende, per liberare Korkie era stato richiesto un riscatto di tre milioni di dollari.

Il dolore di Yolande e la sua famiglia «è aggravato dal fatto che sapevano che Pierre sarebbe stato liberato domani da al Qaeda - ha dichiarato Imtiaz Sooliman, fondatore di Gift of Givers, all'agenzia sudafricana Sapa - è tanto più tragico se pensiamo che alle 05.59 di questa mattina, parlando con Yolande le ho detto che l'attesa era quasi finita».

Somers è stato ucciso a poche ore dallo scadere dell'ultimatum lanciato da al Qaida giovedì scorso. Dopo un rincorrersi di notizie contrastanti con il ministero della difesa yemenita che parlava di liberazione mentre la sorella di Somers annunciava la sua morte, la conferma dell'uccisione è arrivata da fonti americane. «La mia vita è in pericolo, aiutatemi», aveva detto in un drammatico appello il fotoreporter in un video pubblicato giovedì scorso dall'Aqap, il ramo yemenita-saudita di al Qaida. Immagini in cui i suoi sequestratori lanciavano un ultimatum a Obama: il presidente Usa ha «tre giorni» per soddisfare le richieste del gruppo, poi Somers «conoscerà il suo destino inevitabile».

L'appello di Somers, nato in Gran Bretagna e poi divenuto cittadino Usa, era preceduto dalle dichiarazioni di Nasser bin Ali al-Ansi, un comandante locale dell'Aqap, che attaccava gli Usa per i «crimini contro i musulmani» commessi «con i suoi aerei e i suoi droni» in Somalia, Yemen, Iraq, Siria fino in Sinai e Pakistan.

Solo ieri il disperato appello della famiglia ai rapitori: «Abbiamo notato che avete avuto buona cura di Luke e lui sembra essere in buona salute. Vi ringraziamo per questo», diceva la mamma chiedendo di «mostrare pietà: per favore, permetteteci di vederlo ancora. È tutto ciò che abbiamo», le sue accorate parole. Mentre il fratello di Luke spiegava: «È solo un fotoreporter, non è responsabile per nessuna delle azioni intraprese dal governo Usa».

La famiglia assicurava di non sapere dei tentativi per liberarlo. Perché oltre a quello finito tragicamente stanotte - in cui sarebbe morto anche un altro

ostaggio straniero, l'insegnante sudafricano Pierre Korkie - ce ne era stato almeno un altro, fallito, il 25 novembre, che aveva fatto infuriare i leader di Aqap.

Gli amercani avevano tentato di liberare senza successo Somers il 25 novembre scorso. I Navy Seal, assieme a unità speciali yemenite, hanno compiuto il blitz di notte, facendo irruzione nella grotta non lontano dal confine saudita dove erano detenuti diversi ostaggi: in uno scontro a fuoco hanno ucciso almeno sette carcerieri di al Qaida, e hanno poi liberato otto ostaggi, sei yemeniti, un saudita e un etiope. Ma Somers non era più lì, era stato spostato dai rapitori un paio di giorni prima assieme ad altri ostaggi, tra cui un britannico e un sudafricano, secondo quanto hanno detto fonti yemenite.

Grazie ai sequestri di persona al Qaida ha incassato sin dal 2008 almeno 125 milioni di dollari, secondo i dati di un'indagine condotta dal Nyt. Il problema per Somers - che è nato in Inghilterra ma è cittadino americano - è stato che né gli Stati Uniti né la Gran Bretagna pagano riscatti ai rapitori.