Obama, il discorso a 50 anni da Selma:
«La nostra marcia non è finita
Ferguson non è caso isolato»

Obama, il discorso a 50 anni da Selma: «La nostra marcia non è finita Ferguson non è caso isolato»
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Sabato 7 Marzo 2015, 16:04 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 16:25

Il lavoro avviato dagli uomini e le donne di Selma non è completo, la marcia non è finita, è un errore comune suggerire che il razzismo è stato allontanato: «Basta aprire gli occhi per sapere che la storia razziale del Paese getta ancora un'ombra su di noi». Lo ha affermato il presidente Barack Obama a Selma.

Obama ha aperto il suo intervento ringraziando John Lewis, il parlamentare americano che ha partecipato 50 anni fa alla marcia di Selma. «È uno dei miei eroi», afferma il presidente Usa. Lewis, introducendo Obama, mette in evidenza che, se allora gli avessero detto che un giorno ci sarebbe stato un presidente afroamericano e sarebbe stato lui a introdurlo a Selma, avrebbe pensato di parlare con un matto. «Se Selma ci insegna qualcosa è che il nostro lavoro non è mai finito», sostiene Obama. «Cosa c'è di più americano di quello che è accaduto in questo posto? Chi allora ha marciato aveva un'enorme fede in Dio e nell'America». Barack Obama a Selma ha poi parlato anche dei gay, come di una nuova frontiera dei diritti civili.

«Siamo i gay americani il cui sangue scorre sulle strade di San Francisco e di New York,

così come è scorso su questo ponte» dice riferendosi al ponte Edmund Pettus, teatro degli scontri del 1965.

Nelle ultime ore il Dipartimento di Giustizia ha presentato alla Corte Suprema le proprie argomentazioni sulle nozze gay, definendo il divieto «incostituzionale».

«Dobbiamo riconoscere che il cambiamento dipende da noi, dalle nostre azioni, da quello che insegniamo ai nostri figli. Con questo sforzo possiamo assicurarci che il nostro sistema giudiziario funzioni per tutti, non per alcuni». «Ci sono posti in America dove il destino di questo Paese è stato deciso, Selma è uno di questi». «Selma rappresenta il coraggio della gente ordinaria di fare cose straordinarie perchè ritengono di poter cambiare il Paese», afferma Obama, sottolineando i progressi sul fronte razziale. «Rifiuto l'idea che nulla sia cambiato. Chi ritiene che nulla sia cambiato in 50 anni, dovrebbe chiedere a qualcuno che ha vissuto a Selma, Chicago o Los Angeles negli anni 1950» mette in evidenza, ammettendo però che c'è ancora strada da fare.

«Nel perseguire la giustizia, non possiamo permetterci nè compiacenza, nè disperazione. Non abbiamo bisogno del rapporto di Ferguson per sapere» che c'è ancora discriminazione.

«Quello che è successo a Ferguson non è una completa aberrazione, un caso isolato, è qualcosa che continua a succedere». Così ha detto Barack Obama, parlando all'università di Columbia, in Carolina del Sud, dove ha pronunciato un discorso sul razzismo alla vigilia delle commemorazione che oggi presiederà a Selma, dove verrà ricordato l'inizio, il 7 marzo di 50 anni fa, delle marce degli afroamericani dalla cittadina dell'Alabama.

Il lavoro avviato dagli uomini e le donne di Selma non è completo, la marcia non è finita, è un errore comune suggerire che il razzismo è stato allontanato: «Basta aprire gli occhi per sapere che la storia razziale del Paese getta ancora un'ombra su di noi».

«Rispettiamo il passato, ma non ci struggiamo per questo. Non abbiamo paura del futuro, cerchiamo di impadronircene». E infin:e «Ci sono primi passi da fare e più ponti da attraversare». Il riferimento è al ponte Edmund Pettus, teatro del 'Bloody Sunday' quando, il 7 marzo del 1965, 600 dimostranti neri in marcia furono caricati da poliziotti bianchi con manganelli e gas lacrimogeni.

MADISON

Le parole di Obama alla vigilia della manifestazione sono poi suonate tristemente profetiche di fronte alla notizia che un 19enne afroamericano disarmato è stato ucciso la notte scorsa da un agente di Madison, nel Wisconsin. Proprio come successe a Ferguson quando, la scorsa estate, fu ucciso Michael Brown, anche lui afroamericano anche lui disarmato, e poi scoppiarono le proteste, dilagate in tutto il Paese e poi replicate a dicembre, contro contro la violenza e i pregiudizi razzisti della polizia. E di un «sistema basato sulle discriminazioni razziali» della polizia di Ferguson ha parlato senza alcuna esitazione il presidente.

Nel dipartimento di polizia della cittadina del Missouri vigeva «una situazione di oppressione e abusi», ha detto ancora citando il rapporto diffuso nei giorni scorsi dal dipartimento di Giustizia che ha verificato come la stragrande maggioranza degli arresti e delle multe coinvolgano i cittadini afroamericani che venivano «fermati, molestati, maltrattati e abusati nei loro diritti», anche con l'obiettivo di aumentare le entrate nelle casse cittadine. Nel rapporto vengono citati gli insulti razzisti usati dai poliziotti, anche in alcune mail in cui si cita il presidente Obama.

Anche l'attorney general uscente, Eric Holder, ha parlato della polizia di Ferguson affermando che il dipartimento di Giustizia «è pronto ad usare tutto il potere che abbiamo per fare in modo che le cose cambino» anche arrivare a smantellare l'intero dipartimento. «Se sarà necessario, siamo pronti anche ha questo», ha risposto ad una domanda dei giornalisti.

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