Usa: i gatti scomparivano nel nulla, scoperto boa di quattro metri

Usa: i gatti scomparivano nel nulla, scoperto boa di quattro metri
di Anna Guaita
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Martedì 12 Agosto 2014, 15:06 - Ultimo aggiornamento: 14 Agosto, 11:00
NEW YORK – Nella cittadina di Port St. Lucie i gatti scomparivano misteriosamente. Famiglie allarmate hanno trascorso ore a percorrere le strade alberate lungo il fiume St. Lucie e la baia. Poi qualcuno ha intravisto nella vegetazione rigogliosa un movimento sospetto: c’era un enorme serpente boa in giro nel quartiere. E i tanti padroni di gatti hanno capito cosa era successo: dopotutto in Florida da vari anni vige uno stato di allarme per il dilagare di questo serpente, una “specie invasiva” che prospera nel caldo umido dello Stato meridionale.



Così i cittadini di St. Lucie hanno chiamato la polizia, che ha dovuto impiegare ben tre agenti per tirare fuori da un grande cespuglio il sazio e grasso serpente: quattro metri di lunghezza per 60 chili di peso. Una famiglia che ha cercato il proprio gatto siamese per più di una settimana, si è disperata al pensiero che Tomboy fosse finito nelle viscere di quell’essere: «Sono dovunque oramai!», si è lamentato in un’intervista alla radio il padrone del gatto.



Ed ha ragione. Come abbiamo scritto cinque anni fa su queste pagine, dagli anni Ottanta il pericolosissimo pitone della Birmania si è ambientato soprattutto in quella immensa, selvaggia palude, che sono le Everglades. Belle e pericolose, le paludi ospitano non sono solo serpenti a sonagli, alligatori, pantere e piante velenose, ma anche questo altro animale predatore, che qui non ha nemici e quindi si riproduce a velocità molto accelerata.



Come altre specie invasive, questo animale che dovrebbe essere caratteristico solo del sud-est asiatico è finito nel sud degli Stati Uniti perché tanta gente se ne è preso uno in casa quando era piccolo e grazioso, ma a un certo punto non ha più voluto occuparsi di un essere vivente che cresceva a dismisura, con una fame da lupo, e ha pensato bene di abbandonarlo nelle paludi, forse nella convinzione di fare qualcosa di umanitario. C’è anche la teoria che molti siano fuggiti dai negozi di animali quando l’uragano Andrew ha colpito la Florida nel 1992. I boa hanno cominciato a riprodursi - a ogni covata depongono dalle 30 alle 80 uova - e ora si calcola che le Everglades siano popolate da qualcosa come 150 mila pitoni della Birmania.



E sono animali affamati: mangiano alligatori e daini, rospi e fenicotteri, cinghiali e pellicani, opossum e tartarughe. E non sembrano temere gli uomini, e si avvicinano alle case, dove – come prova la strage di gatti di Port St. Lucie - trovano bocconi facili da catturare. Lunghi fino a 6 metri, pesanti oltre cento chili, grossi fino a 70 centimentri nel punto più largo del loro corpo, i pitoni sono infatti anche agili e veloci. Un nemico micidiale. Negli ultimi anni lo Stato, con il supporto del Dipartimento dell’Agricoltura federale, ha lanciato una serie di iniziative: battute di caccia, addestramento di cani da fiuto specializzati proprio nell’identificare i boa, gabbie che scattano solo se ci entra un serpente molto pesante.



C’è stata anche la proposta di vietarne l’importazione e la vendita, insieme ad altri serpenti pericolosi, come l’Anaconda. Ma i rivenditori hanno protestato, e anche le guardie forestali delle Everglades si sono dette contrarie: il timore è che davanti a un divieto di vendita, i negozianti se ne disfino buttando quelli che già hanno nelle paludi, peggiorando la situazione.