Ricorda? Le dissi che sarebbe diventato un brand e lo è, oggi: il brand Varoufakis.
«No. Non sono un brand. Non voglio esserlo».
Nega vigorosamente, chissà se ci crede.
«Infatti non ci hanno divisi. Sono ancora molto vicino ad Alexis. Siamo stati sottoposti a un'incredibile pressione e ora, certo, politicamente abbiamo delle divergenze, ma se gli esseri umani sacrificassero per questo un'amicizia sarebbero davvero poca cosa».
Un anno fa le ricordai che un suo collega di governo, un ministro della destra, aveva detto in tv: "Se la Germania continua così, la Grecia aprirà le frontiere e lasceremo che tutti gli immigrati arrivino a Berlino». Stupidaggini rispose lei. Ma è esattamente quel che è successo. Varoufakis aggrotta la fronte.
«Non certo per colpa della Grecia. E comunque sulla questione immigrazione Angela Merkel ha mostrato un incredibile livello di leadership. A questo punto tutti dobbiamo imparare dalla Germania».
«Chi dice questo? Gente che non sa leggere i dati. Se le cose fossero andate come dice lei, io sarei stato il migliore dei ministri economici. Nel 2014 in Grecia c’era la depressione ed è continuata nel 2015».
«La Grecia è stata il laboratorio. Il primo Paese a fallire. Ci hanno imposto misure sette volte più pesanti di quelle applicate altrove. Il Portogallo non ha certo pagato il prezzo che abbiamo pagato noi. Prima hanno agito in Grecia e quando si sono spostati in Spagna e in Irlanda avevano già affinato la lezione. Comunque, dire che la Troika ha funzionato in Spagna è alquanto esagerato. La ripresa spagnola è molto fragile, posti di lavoro che possono sparire da un momento all'altro e per di più è una ripresa che si puntella a spese della Francia. Il lavoro viene sottratto ai francesi e spostato in Spagna. Ma si tratta lavoro precario. Chieda agli spagnoli se si sentono fuori dalla crisi. L'Europa è ancora il malato del mondo».
«Ma la Grecia ha investito moltissimo nell'educazione». Varoufakis sorride amaro. «Sono almeno trent'anni che le classi dirigenti del mio Paese si svenano per mandare all'estero i loro figli. Abbiamo generazioni che hanno ricevuto un'ottima educazione ed è una tragedia perchè la Grecia ha perso un sacco di soldi, investendo in talenti che poi non sono tornati».
«Si, certo, lo penso ancora. La Grecia, tutto sommato, era insignificante sulla scacchiera del grande gioco europeo. Il vero obiettivo era ed è la Francia. L'Italia? Ha un'importanza minore ma comunque andava limitata sul fronte della produzione: alla Germania per esempio stava a cuore che la Fiat di Marchionne non mettesse le mani su Volkswagen».
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