Cernobbio, Varoufakis: «La Grecia
usata come laboratorio della crisi Ue»

Cernobbio, Varoufakis: «La Grecia usata come laboratorio della crisi Ue»
di Maria Latella
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Sabato 5 Settembre 2015, 23:44 - Ultimo aggiornamento: 7 Settembre, 16:37
Un anno fa, proprio qui a villa d'Este, al The European House Ambrosetti, Yanis Varoufakis, allora ministro dell'economia, enunciava al Messaggero le sue certezze. Per dirne una: «Divergenze tra Tsipras e me? Chiacchere messe in giro dai nemici. Non riusciranno mai a dividerci». Molte cose sono cambiate, da allora. Per la Grecia, che si avvia a nuove elezioni e per Varoufakis che non è più ministro. Lui però è quello di un anno fa. Anzi no, una cosa è cambiata: il giubbotto di pelle ha ceduto il passo alla giacca blu. Ma la camicia è sempre fantasia. E il sorriso sempre un po’ irridente.



Ricorda? Le dissi che sarebbe diventato un brand e lo è, oggi: il brand Varoufakis.

«No. Non sono un brand. Non voglio esserlo».



Nega vigorosamente, chissà se ci crede. Diceva anche: «Non riusciranno a dividermi da Alexis Tsipras. E invece...

«Infatti non ci hanno divisi. Sono ancora molto vicino ad Alexis. Siamo stati sottoposti a un'incredibile pressione e ora, certo, politicamente abbiamo delle divergenze, ma se gli esseri umani sacrificassero per questo un'amicizia sarebbero davvero poca cosa».



Un anno fa le ricordai che un suo collega di governo, un ministro della destra, aveva detto in tv: "Se la Germania continua così, la Grecia aprirà le frontiere e lasceremo che tutti gli immigrati arrivino a Berlino». Stupidaggini rispose lei. Ma è esattamente quel che è successo. Varoufakis aggrotta la fronte.

«Non certo per colpa della Grecia. E comunque sulla questione immigrazione Angela Merkel ha mostrato un incredibile livello di leadership. A questo punto tutti dobbiamo imparare dalla Germania».



L'economia greca stava risalendo. Le banche erano state ricapitalizzate e il livello del debito poteva considerarsi sulla via della stabilizzazione. Secondo l'Economist Il peggio per voi era alle spalle. Poi siete arrivati al governo lei e Tsipras e secondo molti la Grecia ha dovuto accettare dalle istituzioni condizioni peggiori di quelle stipulate con la Trojka. Quali errori avete commesso?

«Chi dice questo? Gente che non sa leggere i dati. Se le cose fossero andate come dice lei, io sarei stato il migliore dei ministri economici. Nel 2014 in Grecia c’era la depressione ed è continuata nel 2015».



Perchè la ricetta della Troika sembra funzionare in Portogallo, in Irlanda, in Spagna e invece in Grecia non ha funzionato?

«La Grecia è stata il laboratorio. Il primo Paese a fallire. Ci hanno imposto misure sette volte più pesanti di quelle applicate altrove. Il Portogallo non ha certo pagato il prezzo che abbiamo pagato noi. Prima hanno agito in Grecia e quando si sono spostati in Spagna e in Irlanda avevano già affinato la lezione. Comunque, dire che la Troika ha funzionato in Spagna è alquanto esagerato. La ripresa spagnola è molto fragile, posti di lavoro che possono sparire da un momento all'altro e per di più è una ripresa che si puntella a spese della Francia. Il lavoro viene sottratto ai francesi e spostato in Spagna. Ma si tratta lavoro precario. Chieda agli spagnoli se si sentono fuori dalla crisi. L'Europa è ancora il malato del mondo».



In Europa, comunque, molti paesi hanno capito che devono scegliere la loro strada. La Finlandia punta sull'educazione, la Germania sul sistema industriale, l'Italia sta cercando di rafforzare l'export. Quale futuro prevede per la Grecia? Vivrà di solo turismo?

«Ma la Grecia ha investito moltissimo nell'educazione». Varoufakis sorride amaro. «Sono almeno trent'anni che le classi dirigenti del mio Paese si svenano per mandare all'estero i loro figli. Abbiamo generazioni che hanno ricevuto un'ottima educazione ed è una tragedia perchè la Grecia ha perso un sacco di soldi, investendo in talenti che poi non sono tornati».



Lei ha spesso sostenuto che il vero obiettivo della Germania non era far fallire la Grecia, ma tenere sotto scacco Francia e Italia. Lo pensa ancora?

«Si, certo, lo penso ancora. La Grecia, tutto sommato, era insignificante sulla scacchiera del grande gioco europeo. Il vero obiettivo era ed è la Francia. L'Italia? Ha un'importanza minore ma comunque andava limitata sul fronte della produzione: alla Germania per esempio stava a cuore che la Fiat di Marchionne non mettesse le mani su Volkswagen».
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