Infiltrazioni 'ndrangheta nell'Expo 2015, blitz dei carabinieri all'alba: 13 arresti,
«Contatti con politici e imprenditori»

Infiltrazioni 'ndrangheta nell'Expo 2015, blitz dei carabinieri all'alba: 13 arresti, «Contatti con politici e imprenditori»
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Martedì 28 Ottobre 2014, 08:05 - Ultimo aggiornamento: 29 Ottobre, 20:17
I carabinieri hanno effettuato in Lombardia e Calabria 13 arresti, su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Milano, nei confronti di altrettanti indagati per associazione di tipo mafioso. L'indagine è diretta dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini.



Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Milano, Como, Monza-Brianza, Vibo Valentia e Reggio Calabria. I 13 indagati sono accusati di associazione di tipo mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d'ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio.



Interessi su Expo 2015. Al centro delle indagini del Ros dei carabinieri due gruppi della 'ndrangheta radicati nel Comasco, con infiltrazioni nel tessuto economico lombardo. Accertati, secondo le indagini, gli interessi delle cosche in speculazioni immobiliari e in subappalti di grandi opere connesse ad Expo 2015.



Gli arrestati in contatto con i politici milanesi.
La cosca avrebbe avuto «contatti con esponenti del mondo politico, istituzionale, imprenditoriale, bancario in modo da ottenerne favori, notizie riservate, erogazione di finanziamenti, rete di relazioni». Lo scrive il gip di Milano Alfonsa Ferraro che cita anche alcuni nomi di questi personaggi della cosiddetta "zona grigia" o del «capitale sociale» della 'ndrangheta, come lo ha definito oggi Ilda Boccassini.



La cosca, secondo il gip, si sarebbe servita del «concorso di personaggi tra cui Guerrera Giuseppe (agente di polizia penitenziaria in servizio presso la casa Circondariale di San Vittore), Baldessarro Giuseppe (funzionario dell'Agenzia delle Entrate della sede distaccata di Cantù), Pagnotta Giuseppe (imprenditore immobiliare), Ronzoni Alessandro (già esponente del mondo bancario) Pizzinga Emilio (consigliere comunale di Mariano Comense sin dal 2004 ed attualmente membro della Commissione Urbanistica del Comune di Mariano Comense) tutti in grado di fornire un contributo rilevante al mantenimento in vita, al rafforzamento dell'organizzazione e ad aumentarne il prestigio».




Il business delle sigarette elettroniche. La cosca puntava «all'acquisizione del controllo di attività economiche» e di «esercizi commerciali di "compro - oro" e vendita di sigarette elettroniche». Lo si legge nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Ferraro su richiesta dei pm di Milano Paolo Storari e Francesca Celle.



La cosca, infatti, come scrive il giudice, avrebbe intestato «fittiziamente beni e attività commerciali: "compro - oro" sito in Cantù, via Brambilla n. 15/a, intestato all'impresa individuale "Galati Giuseppe", nonchè il negozio di sigarette elettroniche sito in Cantù, via Baracca n. 14 di proprietà della società "G.M. di Galati Giuseppe & C." nella quale sono soci Galati Giuseppe (classe '79) e Maccarone Fortunata, rispettivamente figlio e moglie di Galati Antonio».




Alla società del boss era stato dato un certificato antimafia. Un'impresa di Giuseppe Galati, presunto boss della 'ndrangheta in Lombardia, tra i destinatari delle misure cautelari eseguite stamani, «ha avuto la certificazione antimafia» per lavorare in due subappalti del valore di «450 mila euro» per la tangenziale esterna di Milano. Lo ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, nel corso della conferenza stampa. Il procuratore capo, Edmondo Bruti Liberati, ha chiarito «ci sarà una segnalazione alla Prefettura che ha già svolto un lavoro imponente per l'Expo».



Boccassini ha spiegato che l'impresa riconducibile a Giuseppe Galati è riuscita ad ottenere la certificazione antimafia per lavorare nei subappalti dell'opera collegata all'esposizione Universale, «ordinando che le sue quote nella società passassero ai suoi cognati». L'impresa ha così ottenuto da una azienda di Modena, appaltante per l'opera, due subappalti. Secondo Boccassini, è difficile pensare che «si poteva non sapere a chi si davano quei subappalti».



Sia Boccassini che Bruti Liberati hanno chiarito che segnaleranno alla prefettura di Milano la società riconducibile al presunto boss.
Bruti LIberati inoltre ha spiegato che «i controlli sulle aziende che stanno lavorando sulle opere di Expo o su quelle collegate hanno una estensione enorme e la prefettura ha emesso già una sessantina di misure interdittive nei confronti di aziende, facendo un lavoro imponente». Riguardo a questo caso specifico, ha aggiunto Bruti, «trasmetteremo gli atti alla prefettura».




Boccassini: «Dopo l'operazione Infinito non cambia nulla». Dopo l'operazione Infinito, quella con cui nel 2010 era stata smantellata la 'ndrangheta in Lombardia, «nulla cambia. È una riflessione da fare.» E per uscire dall'associazione mafiosa ci sono due modi «o con la morte o diventi collaboratore e ti dai allo Stato». Lo ha detto Ilda Boccassini nel corso della conferenza stampa.



Il procuratore aggiunto Boccassini, durante la conferenza stampa alla quale hanno partecipato i vertici dei carabinieri di Milano e il capo del Ros, il generale Mario Parente, riguardo all'operazione di questa mattina che ha portato in carcere 13 persone, ha spiegato che si tratta di «un segmento di notevole importanza perchè conferma quanto sancito dalla Cassazione con Infinito» e cioè dell' «esistenza in Lombardia delle locali» le quali hanno «autonomia nella nostra regione con un controllo capillare del territorio».



Ilda Boccassini, che è coordinatore della Dda milanese, a proposito di alcuni episodi emersi dall'indagine condotta dai pm Paolo Storari e Francesca Celle, ha ribadito che «denotano quanto è capillare l'infiltrazione ed è pesante. E quando l'organizzazione è in pericolo si reagisce con una violenza inaudita».
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