Zanda: «Votare durante il Giubileo sarebbe rischioso per l'ordine pubblico»

Zanda: «Votare durante il Giubileo sarebbe rischioso per l'ordine pubblico»
di Mario Ajello
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Sabato 10 Ottobre 2015, 00:09 - Ultimo aggiornamento: 00:43
Presidente Zanda, la vicenda di Marino si è conclusa, al netto di qualche coda velenosa, e come è naturale si va a votare al più presto?

«Se il nostro ordinamento lo consentisse, credo che sarebbe molto importante far svolgere le elezioni nella Capitale dopo la fine del Giubileo. Anche per evidenti ragioni di ordine pubblico. Tenere la campagna elettorale per qualche mese in contemporanea al pellegrinaggio di milioni di visitatori esporrebbe Roma a pericoli molto seri».



Ma per uno slittamento così, non servirebbe un decreto legge?

«Non voglio entrare in scelte che non mi competono. Ma se ci fossero ostacoli formali, vanno superati».



Il governo avrebbe tutto l’interesse a fare un decreto? Ma l’opposizione griderebbe al golpe...

«Il governo ha non l’interesse ma il dovere di tutelare la sicurezza e la serenità della vita quotidiana dei romani e delle masse di fedeli che arriveranno nella nostra città da tutte le parti del mondo».



Intanto non pensa che Ignazio Marino stia ritardando troppo la consegna formale delle dimissioni?

«Un giorno prima o un giorno dopo non mi sembra che cambi granchè. Immagino che Marino avrà delle necessità amministrative».



Ma si è dimesso oppure no?

«Le dimissioni sono una cosa molto seria. Non si preannunciano mai. Si danno quando si ritiene di doverle dare e, una volta date, non si ritirano».



Avremo comunque giorni di vendetta contro il Pd da parte del sindaco uscente?

«Io ho rispetto e stima, oltre che amicizia, nei confronti di Ignazio Marino. E pertanto, sono certo che non farà bassi gesti di vendetta. Se li facesse, la mia stima cesserebbe».



Qual è il suo giudizio sul personaggio, in questa vicenda?

«Le ho detto della stima e dell’amicizia. Va riconosciuto il suo impegno e vanno sottolineate le ragioni che hanno portato Marino a dimettersi. I meriti sono lampanti. Ha sfrattato Alemanno dal Comune grazie a un voto molto chiaro dei romani. Ha il merito di avere introdotto, nel Campidoglio post-Alemanno, onestà, trasparenza e rispetto delle regole. E ha impostato con rigore, gliene va dato grande atto, il bilancio della città che si era assai aggravato durante la sindacatura precedente».



Dunque è stato fatto dimettere solo per un pasticcio di scontrini?

«La vera questione politica di fondo è che, in questi anni, non è stato dato alla città un orizzonte chiaro su quali fossero le soluzioni per risolvere problemi storici di Roma: periferie, traffico, manutenzione urbana, igiene pubblica, gestione delle società controllate come l’Atac e l’Ama. Ed è mancata anche una valutazione complessiva del patrimonio culturale che per Roma è un tema cruciale. Sulla mancanza di chiarezza a proposito di questi obiettivi e dei passaggi per raggiungerli, si è manifestata una disaffezione dei romani nei confronti del sindaco».



Gli scontrini sono stati solo un pretesto per cacciarlo?

«No. Quello dei pranzi e delle cene è un episodio importante, dovuto alla leggerezza: non so se di Marino o dei suoi collaboratori. Viviamo in tempi in cui c’è grande sensibilità, presso l’opinione pubblica, anche per leggerezze su cifre molto modeste. In più, c’è stato un rientro ritardato dalle vacanze, dopo i funerali di Casamonica e questo ritardo ha molto impressionato i cittadini».



Il Pd ora riparte da zero?

«Il Pd romano è un partito che ha una tradizione politica antica e molto importante. Ha avuto sindaci ai quali viene universalmente riconosciuta grande competenza: da Veltroni a Rutelli, fino a Petroselli e ad Argan. Il Pd romano deve mettersi sulla scia di queste personalità. Sono certo che lo farà».



Qual è l’identikit del candidato giusto?

«L’importante è che abbia un rapporto forte con i romani e con le forze politiche che lo sosterranno. Fare il sindaco di Roma è uno dei mestieri più difficili del mondo. Il candidato giusto deve avere una capacità amministrativa robusta e una forte spina dorsale nei confronti dell’illegalità che è sempre in agguato».



Marino aveva la condizione numero due ma non la numero uno.

«Non aveva esperienza amministrativa e questo ha pesato. Credo che avesse una conoscenza di Roma molto diversa da quella di alcuni dei suoi predecessori».



Il problema romano non deriva anche dal fatto che qui un vero Pd renziano non è mai nato?

«Questa storia dei renziani e non renziani è un po’ una favola. E comunque, io sono fortemente contrario a logiche correntizie. Se a livello nazionale abbiamo trovato una leadership, quella di Renzi, a livello romano la dobbiamo ancora trovare».



Matteo Orfini non esce ammaccato da questa vicenda?

«E’ un vero dirigente politico. Sta svolgendo bene il suo incarico di commissario. Ha cercato con tutte le sue forze di aiutare la giunta e lo ha fatto finchè ha potuto».



L’effetto Renzi si farà sentire in favore del Pd nel voto per il Campidoglio?

«A Roma, conteranno molto l’1 per cento in più del Pil italiano; l’inversione dei dati nazionali dell’occupazione che sono diventati positivi; il salvataggio delle imprese in crisi; ed anche l’avanzamento delle riforme istituzionali».



Quindi effetto Renzi a volontà?

«Sarà fondamentale non l’effetto Renzi ma l’effetto delle riforme di Renzi».



Le primarie le farete oppure no?

«Non è importante questo. L’importante sarà, quando verrà il momento opportuno che non è adesso, trovare il nome giusto».
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