Vigili, la marcia pro-fannulloni tra farsa e oltraggio civico

Vigili, la marcia pro-fannulloni tra farsa e oltraggio civico
di Mario Ajello
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Venerdì 16 Gennaio 2015, 23:38 - Ultimo aggiornamento: 17 Gennaio, 10:03
Si saranno detti questo i vigili-sindacalisti, citando una celebre gag: «Ragazzi, non possiamo stare qui a far nulla, potrebbero scambiarci per dei lavoratori!». Dunque, è meglio organizzare uno sciopero nazionale. Quello di tutti i vigili d’Italia, o almeno quelli aderenti al sindacato Ospol, in difesa dei colleghi romani che a Capodanno si diedero (l’83,5 per cento) malati e se ne restarono a casa. Adesso è scattato il moto di solidarietà corporativa e li vedremo tutti il 12 febbraio lungo le vie dell’Urbe: i nostri pizzardoni e i ghisa milanesi, i pizzardi marchigiani e i civich torinesi, i cantunè genovesi e i tubi (dal cappello a tubo) triestini e i siculi e i campani e magari, in divisa austriacante, raggiungeranno il Campidoglio anche le guardie locali altoatesine.

L’effetto sarà quello di un film dei Fratelli Marx o di un capolavoro dei Monty Python? Niente di tutto questo. «Lo sciopero nazionale del 12 - annuncia l’Ospol, questa gilda dei caschi bianchi: e qui a Roma su 6008 vigili ci sono 800 rappresentanti sindacali, non semplici iscritti, cioè il 13 per cento - sarà uno sciopero storico». E in effetti non s’è mai visto uno sciopero a favore degli scioperati (quei pizzardoni che marinarono il servizio per godersi il cenone di San Silvestro). Ed è un inedito assoluto lo sciopero non a favore del lavoro ma a favore del non lavoro.



Le altre sigle si sono smarcate dalla protesta. Evviva? Occhio alla motivazione: «Questo sciopero - parola di Cgil, Cisl e Uil - rischia paradossalmente di spuntare le armi per il conseguimento degli obiettivi che i vigili ci hanno chiesto». Non dicono che lo sciopero è sbagliato. Dicono che i vigili hanno ragione a non voler lavorare di più, a opporsi a Ignazio Marino e agli altri sindaci che potrebbero emularlo introducendo il principio della rotazione (non sempre gli stessi vigili negli stessi quartieri) e quello dei tagli allo stipendio accessorio.



La vera offesa che i sindacatoni patiscono non è quella di venire accusati di difendere l’indifendibile ma quella di sentirsi scavalcati da una sigletta più piccola e più combattiva di loro.



IL TEATRO

E così, a Roma, sentiremo suonare finalmente i fischietti dei vigili. Ma che non serviranno a fermare le auto che sfrecciano nelle piste riservate ai bus, bensì a far risuonare la protesta come in un corteo dei metalmeccanici. I vigili che devono controllare le manifestazioni saranno essi stessi manifestanti: e a regolare il traffico intorno alla manifestazione arriveranno i poliziotti o i carabinieri o altri vigili bersagliati dal grido «crumiri»? I tutori dell’ordine urbano che diventano agitatori del disordine cittadino fanno parte del teatro dell’assurdo che si fa realtà. E si candidano ad essere - ma speriamo ci ripensino e i cittadini ne sarebbero contenti - la punta dell’iceberg dello statale o del comunale indisciplinato.



E Roma che figura ci fa? «Capitale corrotta, nazione infetta» - pur essendo il titolo di un articolo di un genio, Manlio Cancogni, sull’Espresso nel dicembre 1955 - forse era una formula che non valeva già allora e di sicuro non regge più adesso. Perchè è quasi peggio dei nostrani pizzardoni assenteisti chi, scendendo o salendo da tutta l’Italia per arrivare nell’Urbe, sciopera in loro onore e si fa loro paladino. Invece di dirsi, come fa l’omino delle vignette di Altan: «Mi sento il mandante delle cacchiate che faccio».



Credono di scioperare per Roma o in difesa dei colleghi romani i vigili della Penisola - magari saranno pochissimi - e viceversa difendono il peggio della romanità che poi non riguarda solo la Capitale ma è un concentrato dei vizi diffusi: il pansindacalismo, l’allergia al cambiamento, la retorica dei «diritti acquisiti» (ossia dei privilegi personali e di categoria).



Il giorno della strana marcia non sarà un giorno esaltante. E di fronte a pizzardoni e ghisa non in servizio ma in corteo, ci si potrà almeno sforzare di sorridere grazie al motto di Jerome K. Jerome a proposito del lavoro: «E’ affascinante, starei per ore a guardarlo».
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