Sinodo, la sfida tra rigoristi e concilianti, poi un accordo di larghe intese

Sinodo, la sfida tra rigoristi e concilianti, poi un accordo di larghe intese
di Franca Giansoldati
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Domenica 25 Ottobre 2015, 00:29 - Ultimo aggiornamento: 00:31
CITTÀ DEL VATICANO Larghe intese. Convergenze parallele. Chissà. Le vecchie formule democristiane tornano utili per capire il miracolo accaduto in Vaticano in queste tre settimane. Il mini-concilio che Papa Bergoglio ha avviato per radiografare lo stato della famiglia cattolica, si è concluso con un sostanziale plebiscito. Viste le premesse, i nervosismi e gli sbarramenti della vigilia nulla era scontato. Il documento finale – approvato punto per punto, 94 votazioni con una abbondante percentuale di voti, ben oltre la maggioranza qualificata, eccetto un solo punto passato per un voto – rappresenta di per sè un successo. Anche politico. La mediazione ha funzionato per sciogliere i nodi (divorziati risposati e gay). Il lavoro di sintesi ha lasciato la porta aperta al pontefice per più incisivi futuri interventi. Al termine i 270 votanti, oltre ad avere tirato un respiro di sollievo per una maratona durata complessivamente 91 ore di dibattito, hanno riservato una standing ovation a Francesco. «I veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l'uomo; non le formule ma la gratuità dell'amore di Dio e del suo perdono: ciò non significa in alcun modo diminuire l'importanza delle formule, delle leggi e dei comandamenti divini». Bergoglio sa che non ci sono soluzioni esaurienti, il cammino di revisione però è iniziato e la famiglia va supportata in tutte le sfaccettature. Del resto non esistono famiglie perfette. La vita, si sa, è fatta di alti e bassi, di dolori e gioie, di sbagli e di miglioramenti. Occorre comprensione.



VELENI

Al Sinodo non son mancati i colpi bassi. Papa Bergoglio lo ha ricordato con una punta di amarezza. «Le opinioni diverse si sono espresse liberamente, purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli». Ma non ci sono stati moduli pre confezionati. Manipolati. Nè visioni pilotate. «Non c’è stata nessuna ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive». La formula approvata si è ispirata ai documenti di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Forse un po’ riassuntiva, persino vaga, ma forse era l'unico modo percorribile per non fare saltare gli equilibri raggiunti, viste le barricate iniziali. I cardinali Sarah, Caffarra, Erdoe, Marx, Dolan, Pell si erano pronunciati contro ogni spiraglio. La misericordia si stava contrapponendo alla verità. C’era stata anche una lettera di contestazione ai metodi di lavoro. In aula erano poi emerse dure contrapposizioni tra una visione rigorista della dottrina e una pastorale conciliante. La soluzione alla fine è arrivata: «Significa che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole indottrinarlo in pietre morte da scagliare contro gli altri».



CUORI DURI

L’orizzonte resta ampio. «Bisogna spogliare i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa». Di più. Francesco ad un tratto ha guardato l'orologio. E' l’ora di andare a «dissetare i cuori inariditi». Ad anticipare parzialmente i contenuti della relazione finale era stato, in mattinata, Schoenborn. Il cardinale austriaco aveva fornito alcuni dettagli per fare capire che la piattaforma delle larghe intese aveva funzionato. «A proposito dei divorziati risposati: la parola chiave per comprendere la portata di questo documento è il discernimento. Il discernimento significa capire quale è la situazione di tale coppia o tale persona». Prima del voto pomeridiano il testo era stato letto ai votanti integralmente in lingua italiana, e tradotto simultaneamente in cinque lingue, in modo di dare la possibilità a ognuno di conoscere il contenuto. La stesura ha dovuto inglobare migliaia di emendamenti.



I blocchi in campo erano due, i rigoristi e gli aperturisti. I tedeschi hanno offerto una soluzione mediana che è stata salutare. La valutazione del caso per caso, affidata al foro interno, la confessione. In queste settimane si sono registrati più di 700 interventi, senza contare i pareri emersi nelle riunioni informali durante l’ora del pranzo. Per certi versi si è trattato di un mini concilio, oltre che un test per il metodo Bergoglio. Consultazioni a partire dal basso, sinodalità, dibattito franco alla ricerca di una possibile sintesi. Quanto alla questione gay, Schoenbon ha ammesso: «non troverete molto e forse alcuni saranno delusi: ma abbiamo deciso di lasciare fuori il tema per rispettare le diversità culturali di tanti Paesi».



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