Il maxirisarcimento rappresenta un acconto della cifra record di 1,9 miliardi (tra risarcimento, interessi e spese legali) che Longarini rivendica per la revoca della concessione del Piano di ricostruzione di Ancona. Per inquadrare la vicenda occorre fare un passo indietro. La somma era stata riconosciuta al ragioniere nel 2005 da un lodo arbitrale che aveva quantificato il danno accertato dalla Corte d’appello di Roma.
Nei mesi scorsi il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, aveva tentato di bloccare l’assegno . Ma i giudici avevano dichiarato il ricorso inammissibile a causa di una formalità: era stato presentato 48 ore prima dell’entrata in vigore di una legge che avrebbe consentito il suo accoglimento. La conseguenza? A decidere sarà la Cassazione, ma la sentenza resta nel frattempo esecutiva.
Longarini, dal canto suo, non ha perso tempo e il 31 gennaio ha notificato al ministero un pignoramento da quasi 1,9 miliardi, costringendo la Banca d’Italia ad accantonare 821 milioni a parziale garanzia. La Corte d’appello chiamata a dare esecuzione alla sentenza e quindi a decidere se liquidare o meno la somma pignorata, oltre a respingere l’impugnativa del lodo arbitrale, ha anche rigettato la richiesta di considerare il denaro alla stregua di una cauzione.
Istanza che avrebbe permesso di attendere l’esito del ricorso in Cassazione per l’eventuale consegna del denaro. Poi lo stop legato all’indagine delle Fiamme Gialle e il rinvio dell’udienza al 16 luglio.