​Lanciano, ragazza violentata
nei guai pure la madre

​Lanciano, ragazza violentata nei guai pure la madre
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Venerdì 27 Febbraio 2015, 09:51
LANCIANO Sapeva che la figlia era stata violentata dal suo convivente e nonostante ciò non collabora con la procura. Anzi. Aiuta l'uomo a eludere le investigazioni della squadra di pg della polizia presso la procura e si fa pure dare soldi per tacere. Il pm Rosaria Vecchi gioca duro e a conclusione dell'inchiesta chiede al gip il giudizio immediato per la donna, 45 anni, accusata di favoreggiamento, oltre che per lo stesso presunto reato di pedofilia del 46enne, arrestato lo scorso 12 gennaio con la pesante accusa di doppia violenza sessuale su minore.

L’INCUBO

Orribile il primo caso con la ragazzina, ora tredicenne, abusata per otto anni, sia a Ortona che in un comune della Val di Sangro dove la coppia viveva. Il secondo caso, episodico, con bacio e carezza, riguardano atteggiamenti sulla fidanzatina del fratello della prima vittima, nel maggio 2012. Gli imputati sono entrambi di Ortona, residenti in differenti contrade. L'uomo, difeso dall'avvocato Michele Di Toro, è agli arresti domiciliari in casa della nuova compagna, a Ripa Teatina. Contro la madre il pm Vecchi formula un'imputazione aberrante sostenendo che la donna ometteva di denunciare le violenze sulla figlia e incassava dall'ex convivente un assegno circolare di 9 mila euro a fronte di una sottoscrizione di accordo con il quale lei, dicendosi consapevole delle violenze sulla figlia, che l'uomo comunque negava di aver compiuto, si impegnava a non presentare denuncia all'autorità e a rinunciare a qualunque pretesa.

LE VITTIME CONFERMANO

Il 13 febbraio le due vittime hanno confermato le accuse contro l'uomo nel corso dell'incidente probatorio dinanzi al gip Francesco Marino che firmò l'arresto, motivandolo «per l'alto rischio di reiterazione di reato dovuto all'evidente incapacità di controllare le pulsazioni sessuali pedofile». Nel richiedere la misura il pm Vecchi diede un duro giudizio morale: «Figure genitoriali assenti, scrisse. Anzi il loro comportamento è stato deleterio per la figlia restando immobili di fronte al suo forte grido di aiuto». Anche per il secondo caso la Vecchi parlò «di incapacità degli adulti»; difatti la ragazza voleva denunciare l'approccio, annotato sul diario, i genitori no.

UN INCUBO

Di certo la presunta violenza durata 8 anni ha procurato alla ragazza dolore e sofferenze psichiche che l'hanno indotta pure a gesti autolesionisti con tagli al braccio e sul corpo. Per uscire dal tunnel si è sfogata con le insegnanti della sua scuola media in un comune confinante con Pescara, «ribellandosi così al tormento», dice la Vecchi. La ragazza manifesta poi paura di non saper affrontare il processo perché il suo violentatore, dice, «sa parlare. La sua parola contro la mia», teme la vittima. Abusi perpetrati di notte e anche di mattina, prima che l'uomo andasse a lavoro. La prima volta la vittima si confida con la nuova compagna del padre nel 2012. La madre viene avvisata e, secondo l'accusa, si rifiuta di collaborare per l'intercettazione telefonica contro l'indagato, col quale aveva contatti anche dopo l'interruzione della convivenza, finita proprio per la scoperta degli abusi. «Ragazza prigioniera per anni di un incubo, affonda la Vecchi, col culmine della paura di esser incinta. Nemmeno il terapeuta l'ha rassicurata amorevolmente guidandola a esorcizzare le paure».
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