Pga Championship: il trionfo
e la liberazione di Schauffele

Dodici volte tra i primi dieci, non aveva mai vinto: ieri a Valhalla la vittoria che premia il campione olimpico di Tokyo

Xander Schauffele
di Stefano Cazzetta
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Lunedì 20 Maggio 2024, 10:06

Finalmente. Xander Schauffele ha trionfato nel 106° Pga Championship di golf e ha cancellato la definizione di “giocatore fortissimo, ma incapace di vincere un major”. Dodici volte tra i primi 10, due volte secondo, compreso Carnoustie 2018 dietro il nostro Francesco Molinari. La vittoria sembrava stregata, ma stavolta è andata diversamente. Il trentenne di San Diego, California, di padre franco-tedesco e madre di Taiwan, campione olimpico a Tokyo 2020, ha potuto levare le braccia al cielo e lasciarsi andare a un sorriso liberatorio. Sullo splendido percorso del Valhalla di Louisville, in Kentucky, si è messo alle spalle anni di dubbi e incertezze, compresa l’assenza di successi dal 2022, pur essendo numero 3 al mondo. La settimana prima si era visto battere sul filo di lana da Rory McIlroy nel Wells Fargo. Quella sconfitta, però, al contrario di altre volte, rappresentava il segnale che qualcosa stava cambiando. In meglio.

Sempre al comando

Schauffele ha preso il comando sin dalla prima giornata, con un poderoso -9 sul 71 del campo, e non ha più mollato la posizione. Al massimo ha dovuto condividerla con Colin Morikawa, il grande “assente” dell’ultimo giro e e difenderla dagli assalti che via-via gli arrivavano da un nutrito gruppo di scatenati inseguitori. Ha vinto con -21, un risultato pazzesco per essere un major e solo a parziale giustificazione possono essere invocate le condizioni facili del percorso a causa della pioggia. La realtà è che Schauffele ci ha messo del suo ed è stata tanta roba. Compreso il sangue freddo in un paio di momenti decisivi. La giornata di domenica si è trasformata in una splendida corsa a tre, ma un fenomenale Bryson DeChambeau e un recuperato Viktor Hovland hanno dovuto arrendersi. Il primo, soprattutto (osannato dal pubblico, nonostante proponga il suo golf scientifico nel circuito della LIv), che ha chiuso al secondo posto a -20.

Dicevamo dei momenti topici, quelli che possono cambiare i destini dell’incontro. Prendiamo il corto par 4 della buca 13. Con un birdie a testa, Hovland si portava in vetta da solo, DeChambeau agganciava il secondo posto. Schauffele, che si trovava sul par 3 della 11, aveva una sola possibilità per rimettere le cose a posto: fare birdie.

E lo faceva. Palla a tre metri dall’asta e putt imbucato. Reazione da campione. Così come alla 18. De Chambeau aveva chiuso con un birdie, lo aveva agganciato a -20 e lo aspettava alternando colpi in campo pratica a sguardi al grande schermo, sperando in playoff che a un certo punto sembrava quanto mai probabile. Il teeshot della 18 metteva Schauffele in una posizione molto scomoda. Piedi dentro il bunker del fairway e palla fuori nel primo taglio di rough. Una palla rimessa semplicemente in gioco sarebbe stata la scelta più saggia. Schauffele, invece, prendeva dalla sacca un ferro lungo e inevitabilmente alimentava le speranze di DeChambeau. Ma la scelta rivelava felice. Perfetta l’esecuzione del colpo e palla davanti al green, a una trentina di metri dall’asta. Metà dell’opera era compiuta, mancava il resto. Buono, ma non risolutivo l’approccio. Ancora uno sforzo, con DeChambeau che continuava a sperare davanti al grande schermo del campo pratica. A Schauffele rimaneva un putt da 3 metri per sollevare il Wanamaker Trophy oppure andare allo spareggio e rimettere tutto in discussione, comprese le proprie capacità. Chissà che cosa gli è passato nella mente in quel momento, chissà quale film della sua vita avrà rivisto, chissà che cosa sarebbe accaduto se avesse fallito. Ma il putt è entrato e con quel birdie la storia è cambiata. Schauffele ha vinto il suo primo major, ha incassato gli oltre 3 milioni di euro di prima moneta e si è liberato di un pesante fardello psicologico. Ora è un campione assoluto.

Rory, occasione mancata

Per il resto, Valhalla ci ha regalato tante altre storie. Quella di McIlroy, per esempio, che con alcuni errori banali ha gettato ancora una volta al vento la possibilità di tornare a vincere un major dopo 10 anni, o quella di Scottie Scheffler, il numero uno al mondo, che, comunque, ha chiuso in ottava posizione a -13, grazie a un ottimo ultimo giro in -6. Per lui è stata una settimana surreale, tra manette, prigione e campo da golf. Che cosa sarebbe accaduto se non ci fosse stato l’arresto? Con i se e i ma non si fa la storia, ma chiederselo è legittimo. E anche umano.

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