Iran, Russia e Cina: così l'asse cambia la guerra in Ucraina. Chiapperini: «Questa situazione aiuta Putin»

Il generale analizza la situazione attuale nell'area alla luce del recente attacco israeliano nei confronti dell'Iran

Iran, Russia e Cina: così l'asse cambia la guerra in Ucraina. Chiapperini: «Questa situazione aiuta Putin»
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Venerdì 19 Aprile 2024, 19:25 - Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 11:32

Giunge da più parti l'appello ad una de - escalation tra Israele e Iran. Il generale di Corpo d'Armata in quiescenza dei lagunari Luigi Chiapperini, già pianificatore nel comando Kosovo Force della NATO, comandante dei contingenti nazionali NATO in Kosovo nel 2001 e ONU in Libano nel 2006 e del contingente multinazionale NATO in Afghanistan nel 2012, autore del libro “Il Conflitto in Ucraina” (Francesco D’Amato Editore, 2022), membro del Centro Studi dell’Esercito, analizza la situazione attuale nell'area alla luce del recente attacco israeliano nei confronti dell'Iran. 

L'Iran ha dichiarato che Israele ha già avuto una risposta. Questo fa presupporre che non ci sarà un contrattacco? Oppure è possibile un'escalation?

Credo che per la Repubblica Islamica vada bene così e che sarebbe controproducente alzare nuovamente i toni del confronto. Israele ha dato prova di avere un vantaggio militare elevato e di poter colpire l’Iran anche solo con droni senza ricorrere ad armi più potenti. Ciò a differenza dell’Iran che è sì riuscito a far cadere ordigni sul suolo israeliano ma utilizzando centinaia di sistemi d’arma tra droni, missili cruise e missili balistici. Solo pochissimi di questi ultimi hanno avuto un parziale successo. Se poi analizziamo anche gli aspetti geopolitici, risulta evidente che l’Iran deve accettare l’idea che Israele continuerà ad essere difesa non solo dai Paesi occidentali che gli sono storicamente vicini, in primis gli Stati Uniti, ma anche da alcuni Stati arabi che, al pari di Israele, considerano l’attuale Iran una minaccia seria.

Come valuta la scelta di Israele di rispondere all'Iran?

La ritorsione di Israele era scontata, non poteva rimanere passivo di fronte ad un attacco di vasta portata come quello iraniano della scorsa settimana.

Peraltro l’azione di Tel Aviv si può considerare veramente dimostrativa e i conti con Teheran, almeno per il momento, si possono considerare chiusi. Ritengo che allo stato dei fatti non ci sia la volontà di Israele di puntare all’allargamento regionale del conflitto, almeno in questo particolare momento nel quale la Striscia di Gaza rimane la priorità. Ma tutto può ancora accadere. Inoltre la domanda che tutti dovremmo porci è che cosa sarebbe successo se quei pochi missili balistici iraniani che la scorsa settimana sono riusciti a raggiungere il territorio israeliano fossero stati armati con testate nucleari o batteriologiche. L’esito di un simile attacco iraniano, al momento molto improbabile e verosimilmente ancora per qualche tempo impossibile, e la conseguente altrettanto dura risposta di Israele, sarebbero stati indubbiamente molto tragici e dalle conseguenze preoccupanti per tutti. È uno scenario che però potrebbe riproporsi.

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L'Iran potrebbe utilizzare questa fantomatica arma mai vista prima?

È possibile. Molto probabilmente gli iraniani stanno enfatizzando a beneficio dell’opinione pubblica mondiale le capacità, tutte da verificare, di alcuni sistemi d’arma come i missili ipersonici di recente produzione simili a quelli utilizzati dai russi in Ucraina. Si tratta di sistemi, sia da crociera che balistici, capaci di cambiare quota e direzione durante il volo mettendo in difficoltà la difesa aerea. Israele in questo campo ha un’organizzazione tecnologicamente avanzata su tre livelli, mi riferisco essenzialmente ai sistemi Iron Dome, David’s Sling e Arrow. Però, come abbiamo constatato la settimana scorsa, pur riuscendo anche con l’aiuto degli aerei di Paesi amici a neutralizzare ben il 99% degli attacchi, detti sistemi possono essere superati specialmente se le loro capacità di intercettazione dovessero essere saturate da un numero elevato di minacce. Ma questa è una delle realtà della guerra: non esiste l’arma perfetta e nell’atavico confronto tra spada e scudo bisogna farsi trovare pronti. 

È possibile un coinvolgimento di altri Paesi in questo scontro a due?

Se il confronto dovesse peggiorare, sarebbe quasi inevitabile. Con i due avversari, per ragioni storiche e di opportunità, sono già coinvolti o entrerebbero quasi sicuramente in gioco in maniera ancora più attiva, diversi Paesi e diverse entità. Alcuni sono al fianco dell’Iran come la Siria, i miliziani di Hezbollah in Libano e gli Houthi in Yemen. Altri invece, e mi riferisco essenzialmente a Giordania e Arabia, continuerebbero molto verosimilmente a fornire supporto militare a Israele ma solo nel caso in cui fosse nuovamente attaccato. Poi ci sono le potenze amiche rispettivamente di Israele e dell’Iran, mi riferisco in particolare a Stati Uniti e Russia, che non starebbero a guardare.

Quali saranno le mosse degli Usa e quali quelle di Russia e Cina notoriamente più vicine all'Iran? Esiste un asse del male che congiunge Iran e Russia?

In questo periodo la politica estera degli Stati Uniti, relativa non solo all’area mediorientale ma anche alla guerra in Ucraina, sembra essere sull’orlo di una crisi di nervi a causa delle prossime elezioni presidenziali. Ma sicuramente Israele continuerà ad avere il supporto di Washington, specialmente se mostrerà una certa moderazione non solo come fatto nella ritorsione contro l’Iran ma specialmente nel prosieguo delle operazioni nella Striscia di Gaza. Anche l’asse tra la Repubblica Islamica dell’Iran e la Russia è da tempo solido. Ciò essenzialmente perché Mosca ha pochi amici e alleati nel mondo e non gli rimane che abbracciare alcuni regimi teocratici, autocratici o dittatoriali come l’Iran e la Corea del Nord. Inoltre hanno un avversario comune: gli Stati Uniti e il mondo occidentale. I principali equipaggiamenti militari di Teheran sono russi o derivati da quelli russi e recentemente l’Iran si è in qualche modo sdebitata vendendo alla Russia sistemi fondamentali per le sue operazioni belliche in Ucraina come i droni. Inoltre, lo scontro tra Iran e Israele viene indubbiamente visto dalla Russia come un’opportunità per far distogliere gli occhi dell’Occidente dalla faccenda ucraina ma ancor di più per far ritardare gli aiuti agli ucraini. Il fatto che assetti di Intelligence, aerei e per la difesa aerea siano stati impiegati in Medio Oriente, non può che facilitare l’attuale postura offensiva della Federazione Russa in Ucraina. La notizia negativa per Mosca è che molto probabilmente il Congresso degli Stati Uniti potrebbe finalmente autorizzare ulteriori aiuti a Kiyv per 60 miliardi di dollari nei prossimi giorni. In tale contesto, l’atteggiamento della Repubblica Popolare Cinese è interlocutorio in quanto da un lato l’impegno diretto o indiretto dell’Occidente negli attuali conflitti in Ucraina e Medio Oriente lo distrae dall’Indo-Pacifico, dall’altro però detti perturbamenti della sicurezza internazionale vanno a detrimento dei commerci mondiali e questo alla Cina continentale non va affatto bene. Basti pensare a quanto grave sta diventando la situazione nel Mar Rosso dove le milizie sciite filo-iraniane degli Houthi continuano a lanciare missili e droni verso il territorio israeliano e contro le navi in transito per e dal Canale di Suez. Questa situazione sta mettendo in difficoltà i traffici internazionali di quasi tutte le nazioni del mondo ad esclusione, come dichiarato dagli stessi miliziani yemeniti, di Russia e Cina, anche se in realtà un cargo cinese è stato danneggiato il 23 marzo scorso, forse per errore.

Gli italiani che vivono in quell'area sono in pericolo?

Per il momento direi di no, ciò naturalmente se la situazione non dovesse peggiorare. Diversa è la situazione dei caschi blu italiani impegnati nella missione Unifil in Libano. Dal sud del Paese dei Cedri continuano a partire attacchi con razzi e armi controcarro di Hezbollah contro i territori israeliani. Tel Aviv ha risposto sinora colpo su colpo con artiglieria e aerei e sicuramente continuerà a farlo. Se gli attacchi dovessero intensificarsi, non escluderei in futuro un intervento aero-terrestre israeliano più incisivo nel sud del Libano, ovviamente dopo aver completato le operazioni a Gaza. In detta situazione i nostri bravissimi soldati si troverebbero tra due fuochi e quindi ritengo necessario che l’Onu debba pensare già da ora, oltre che all’adeguamento della missione e delle regole di ingaggio alla nuova situazione, a un aumento delle capacità operative dei caschi blu, compreso il loro incremento numerico. 

Che ripercussioni ci possono essere a livello economico per questa impennata della crisi?

Parlavo prima dei traffici commerciali che interessano il canale di Suez. Un loro completo blocco a causa delle azioni degli Houthi, ma anche dei pasdaran iraniani che nello Stretto di Hormuz recentemente hanno sequestrato un’altra nave, la MSC Aries, avrebbe gravi ripercussioni per l’economia mondiale. Qualche segnale c’è già, ad esempio la crescita dei prezzi di alcuni beni. La comunità internazionale sta rispondendo nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden con le tre missioni Aspides, Atalanta e Prosperity Guardian che stanno assicurando buoni risultati in termini di sicurezza. Inoltre non sono da trascurare possibili ripercussioni sul prezzo del greggio che però, almeno sinora, sembra mantenersi su livelli anche inferiori a quelli registrati prima dello scoppio del conflitto tra Hamas e Israele.

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