Costretta a prostituirsi a 16 anni, Crepet: «Quella ragazza è solo una delle tante e noi ci giriamo dall'altra parte»

Lo psichiatra parla del giro di prostituzione a Bari: "Colpa dei genitori, pessimi. E non lasciarle in balìa di maestri influencer"

Costretta a prostituirsi a 16 anni, Crepet: «Quella ragazza è solo una delle tante e noi ci giriamo dall'altra parte»
di Raffaella Troili
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Mercoledì 15 Maggio 2024, 06:36 - Ultimo aggiornamento: 16 Maggio, 10:25

Sono in mezzo a noi ogni giorno, qualcuno si gira, ammicca. Troppo facile liquidarle con l’abusato termine lolite, anche lo sconcerto è ormai raro, più comune la resa. Iniziata in famiglia, quando le bambine di 10 anni postano video sui social truccate da vamp. Lo psichiatra e scrittore Paolo Crepet legge in anteprima il racconto della baby squillo pugliese e non si meraviglia. E non nasconde l’amarezza.

Davvero il fenomeno è così diffuso?

«Poveri illusi, ci sono migliaia di Cristine. Prendiamo Onlyfans, dove posano ragazze giovanissime, di 18 anni e un giorno, vestite da pornostar. Nessuno se ne accorge o fa finta di non accorgersene, prima?».

Per prima intende, prima che la situazione precipiti, che i giovani smarriscano la strada?

«Mi chiedo: un genitore non si accorge se una figlia cambia il modo di vestire, si acconcia diversamente quando esce, comincia a vedere il mondo in maniera diversa?».

Non solo una ricerca di lusso e apparenza, ma anche un malessere latente. Tutti segnali non colti ma niente di nuovo?

«La situazione è peggiorata perché ci sono i social, hanno solo moltiplicato la prostituzione che già c’era trenta, quaranta anni fa. Inutile asciugarsi le lacrime ogni volta, è già accaduto a Roma e in altre parti d’Italia. Mi meraviglio di chi si meraviglia».

Minorenni coinvolte in giri di escort, confuse poi attratte da facili guadagni. Allora, come si è arrivati a questo punto?

«Il problema non è la prostituzione, che è solo la punta dell’iceberg. Ma l’infantilizzazione di qualsiasi cosa. Mi riferisco alla precocità dell’inizio dell’attività sessuale, il cui esordio è sceso a 12, 13 anni. Anche questo è diventato normale. Come si fa ad accettarlo, davvero una madre vuole questo?».

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Mette sotto accusa il ruolo dei genitori?

«Vorrei chiedere a Cristina e a tutte le altre ragazze, se qualcuno dei genitori gli domanda del loro futuro.

Quale è il tuo sogno, cosa vuoi fare da grande, studiare o che? Temo l’influencer, dalle unghie lunghe. Un genitore deve fare domande, interessarsi, interrogarsi. Non lasciarle in balìa di maestri influencer».

Cristina, la giovane di Bari, vuole solo tornare alla normalità. Lasciarsi alle spalle un passato di cui si vergogna, come ha confidato alla sua professoressa.

«Bisogna capire cosa vuol dire ormai normalità. Non vedo bene il futuro di questi giovani, non perché una volta presa una strada non possano tornare sui loro passi, ma cosa hanno davvero in mente, quali obiettivi? Ogni giorno vedo un mondo di giovani di cui mi fido poco».

La sua è un’analisi spietata. Certo sono attratti da modelli improbabili, possono perdersi di vista nella rete e poi stravolgere la loro realtà. Ma non sono tutti uguali.

«Il vero problema, ripeto sono i genitori di questi ragazzi. I peggiori della storia in assoluto, la generazione meno capace di educare. Non dicono no, neanche se si ammazzano».

Famiglie accondiscendenti, per disattenzione o solo per scelta, per un approccio diverso e fiducioso nei confronti dei figli. Ma quando tutto sembra possibile, quando un genitore si volta dall’altra parte - lo sguardo assuefatto, la ragione anche - davanti a look, orari e modus operandi sospetti, si può smarrire la strada. E farsi blandire da un complimento che diventerà molto altro. 

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