Ma oltre il parabrezza, sulla linea dell'orizzonte, ecco le nubi (e le incognite) che adombrano la futura crescita dell'economia tricolore. In particolare, preoccupa la produzione industriale che in Italia, a marzo, è scesa dello 0,5% su base congiunturale, e addirittura del 3,5% a livello tendenziale. Spie di allarme sul cruscotto dei comandi che è meglio non sottovalutare. Le sfide legate alla produttività in Europa e il declino di quest'ultima nelle economie principali dell'Eurozona, come Paesi Bassi, Francia, Germania e Italia, preoccupano anche Standard & Poor's in vista delle prossime elezioni europee.
LE PROSPETTIVE FUTURE
In questo contesto pesa come un macigno, nemmeno a dirlo, il mancato taglio dei tassi da parte della Bce di Christine Lagarde a inizio primavera.
La buona notizia? Nell'ultima riunione della Banca centrale europea dell'11 aprile – così emerge dalle minute della riunione di un mese fa – i membri del consiglio direttivo hanno ritenuto «plausibile» un taglio dei tassi a giugno, se verranno confermate le prospettive d'inflazione indicate nelle previsioni di marzo. Più nel dettaglio.
La produzione industriale italiana è tornata a calare a sorpresa a marzo, circa in linea, come detto, con quanto visto negli altri grandi Paesi dell’Eurozona. A ben vedere, potrebbe aver pesato anche la Pasqua precoce di fine marzo: in tal senso, è possibile un rimbalzo ad aprile, anche se l’industria verosimilmente frenerà il valore aggiunto anche nel trimestre in corso. Il manifatturiero ha subito una forte battuta d’arresto nel periodo, ma i segnali di ripartenza del commercio internazionale e il varo degli incentivi del pacchetto “Transizione 5.0” potrebbero favorire una moderata ripartenza dell’industria nel secondo semestre. Nel frattempo, l’economia continuerà a essere trainata dai servizi. E ancora.
Il rallentamento del prodotto interno lordo su base congiunturale nel primo trimestre rappresenta senz'altro un campanello di allarme, però i rischi al ribasso sulla previsione di crescita annua del Pil dello 0,7% nel 2024 restano contenuti. Nel mese, comunque, la flessione è generalizzata: si salva solo l’energia, che rimbalza di +1,7% mese su mese. I beni intermedi risultano poco variati per il terzo mese di fila. La contrazione è particolarmente ampia per i beni capitali (-3,8% da +3,4%, mese su mese) e per i beni di consumo durevoli (-2,4% da +0,6%). Tutti i macro-gruppo sono in calo su base annua, con la sola eccezione dell’energia, poco variata.
I SETTORI
Lo spaccato per settore mostra, poi, che la contrazione congiunturale nel mese è ancora più ampia per il solo settore manifatturiero (-1% mese su mese). Diversi comparti registrano flessioni superiori ai tre punti percentuali nel mese, tra cui mezzi di trasporto, macchinari, apparecchiature elettriche e altre industrie manifatturiere. Nel mese recuperano in compenso chimica, carta, legno e stampa, e tessile. Gli unici settori in progresso su base annua sono: farmaceutici; raffinazione; chimica; carta, legno e stampa; industria alimentare. Tessile e mezzi di trasporto sono i comparti maggiormente in rosso su base tendenziale, con flessioni annue nell’ordine di nove punti percentuali. In sintesi, da noi la produzione industriale si è contratta, a sorpresa, in misura simile a quanto avvenuto in Francia e Germania. Per quanto ci riguarda, il mercato si aspettava a marzo un balzo dello 0,3%, dopo il +0,1% di febbraio.
Le sfide che attendono il sistema Italia dopo le elezioni europee sono al centro anche del forum, in corso di svolgimento a Napoli. della Piccola Industria, anima del sistema di rappresentanza degli industriali visto che rappresenta oltre il 90% delle imprese associate a Confindustria. Avvertono le pmi: «Serve un fondo europeo per le transizioni, finanziato con Eurobond europei. Gli investimenti da fare saranno tantissimi, solo per l'Italia si stima che servano 1.100 miliardi di investimenti e il Pnrr ne mette in campo solo una piccola parte».
© RIPRODUZIONE RISERVATA