Roma ritrova "Jenufa", sola contro il mondo

Lunghi applausi per il capolavoro di Janáček che torna dopo cinquant’anni con il maestro Valčuha e la regia di Claus Guth

Cornelia Beskow, 37 anni (foto Fabrizio Sansoni)
di Luca Della Libera
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Venerdì 3 Maggio 2024, 08:38
Grande successo, ieri sera al Teatro dell’Opera, per Jenufa. Il capolavoro del compositore ceco Leoš Janáček è arrivato a Roma in un allestimento in coproduzione con la Royal Opera House di Londra, andato in scena nel 2021 e premiato come Miglior produzione operistica agli Olivier Awards 2022. Onore quindi alla Fondazione capitolina, che ha riportato a Roma dopo quasi mezzo secolo (l’ultima recita risale al 1976) una delle opere più affascinanti del teatro d’opera novecentesco, in un allestimento accolto da molti applausi.
I PROTAGONISTI
Scritta tra il 1894 e il 1903, Jenufa è tratta dal dramma naturalista di Gabriela Preissová, La sua figliastra. La trama ruota attorno a Jenufa, figlia adottiva di Kostelnička, sagrestana della chiesa di un paesino della Slovacchia morava. Rimasta incinta dell’amante Števa, viene sfregiata da Laca, innamorato di lei e geloso della sua relazione. Costretta a nascondersi in casa di Kostelnička per la vergogna della maternità illegittima, e rifiutata da Števa per la ferita che ora porta sul volto, viene poi ingiustamente accusata di infanticidio dopo che Kostelnička, a sua insaputa, uccide il bambino per paura che questo possa impedire a Laca, ancora innamorato di lei e pentito, e alla figliastra, di sposarsi. Alla scoperta del cadavere, la matrigna confessa il crimine, ma Jenufa la perdona, accettando le nozze con Laca. 
Il regista Claus Guth propone un allestimento sotto il segno del simbolismo, dominato da tinte monocromatiche nei primi due atti. Nel primo, altissime mura di legno delimitano la scena, firmata da Michael Levine, isolando i personaggi e definendo la società rurale come un claustrofobico e immobile microcosmo dal quale non esiste via d’uscita. La ruota del mulino, che ascoltiamo all’inizio dell’opera, affidata ad una figurazione ossessiva dello xilofono solo, è lo specchio di una società rurale nella quale ogni cosa si ripete all’infinito e distrugge tutto quello che incontra: i destini di una giovane e della sua matrigna sono destinati a ripetersi, come in una maledizione. 
LA SOCIETÀ
Questo mondo contiene tutto ciò che costituisce l’esperienza quotidiana: un letto per dormire, un tavolo per mangiare, una divisa per lavorare e così via. Fuori da queste mura c’è un luogo impossibile, dove forse fuggire un giorno. Nel secondo atto, la camera dove la protagonista è reclusa dalla matrigna è una sorta di gabbia, mentre vediamo muoversi due presagi dell’infanticidio: una figura nera in parte umana in parte corvo, e un bambino insanguinato che attraversa la scena. Nel terzo atto il palcoscenico è ricoperto di fiori: al centro è collocato il tavolo della festa di nozze tra Jenufa e Laca, e i costumi sgargianti di Gesine Völlm ne sottolineano l’ambientazione folklorica. 
LA MUSICA
Quest’impostazione ha trovato nella parte musicale una perfetta sintonia, a cominciare dal direttore d’orchestra Juraj Valčuha, tra i massimi interpreti della musica del compositore ceco, anche lui al debutto al Costanzi. Lo stile personalissimo e difficilmente classificabile di Janáček riesce ad ottenere la massima emozione attraverso una scrittura asciutta e diretta, allo stesso tempo arcaica e moderna, dominata da un’intonazione che si rifà alla lingua parlata. Nella partitura trovano posto i procedimenti armonici inaspettati e gli squarci violentissimi nel momento del rapimento del neonato nel secondo atto, ma anche la dolcezza che pervade il canto della protagonista all’inizio del secondo atto. Tra i momenti più commoventi della serata, la confessione dell’omicidio da parte di Kostelnička, e la grande luminosità della scena finale con Jenufa e il suo fedele futuro marito Laca. Tutto questo è stato restituito da Valčuha e dall’Orchestra e Coro (diretto da Ciro Visco) del Teatro in ottima forma. Cast stellare, in piena sintonia con le scelte registiche. Cornelia Beskow ha interpretato il ruolo della protagonista sfoderando una voce magnifica e grande carattere, così come Karita Mattila ha tratteggiato Kostelnička, il personaggio più affascinante dell’opera, con un’interpretazione impressionante per carisma e qualità vocali. Ottime le prove di Robert Watson (Števa), Charles Workman (Laca) e Manuela Custer (Buryjovka). Repliche fino al 9 maggio: uno spettacolo da non perdere.
 
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