Alessandro Barbano

Alessia Pifferi e l'ergastolo, il commento: una sentenza che ci parla

Alessia Pifferi e l'ergastolo, il commento: una sentenza che ci parla
di Alessandro Barbano
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Martedì 14 Maggio 2024, 00:35 - Ultimo aggiornamento: 18 Maggio, 00:23

Ergastolo ad Alessia Pifferi, il commento.

Non vorremmo essere nei panni dei giudici, togati e popolari, che hanno scavato in fondo all’orrore, alla ricerca della pena più adeguata a rispondergli, pur sapendo che qualunque pena sarebbe parsa a posteriori insufficiente.
Tanto se avesse confermato, con la sua severità, la coincidenza tra la gravità del danno prodotto, cioè l’omicidio di una neonata, e la piena responsabilità della madre, come è accaduto. Quanto se avesse accolto la tesi di un’incapacità dell’autrice di imputarsi pienamente le conseguenze della sua scellerata condotta. La morte di un bambino – racconta Albert Camus ne «La peste» – è il simbolo dell’assurdo. Di più lo è una vicenda che, nella ricostruzione del processo, ha squadernato ai nostri occhi, sì a lungo, l’agonia di una vita innocente che si spegne senza che nessuno intervenga a fermare un simile scandalo. 
Ma ancora più drammatico pare il compito di quegli uomini di diritto e di buona fede se si considera il clima unico in cui sono stati chiamati a giudicare, con una pubblica accusa che ha messo sotto indagine l’avvocato e le perite di parte, di fatto ribaltando con una prova di forza quella parità d’armi che è condizione di un processo giusto. Fare appello alla terzietà e alla serenità necessarie per un verdetto indipendente deve essere stata per quei magistrati un’impresa emotiva e morale senza precedenti. Possiamo solo sperare che, in un agone giudiziario così esacerbato, siano riusciti a graduare il loro verdetto nella maniera più corrispondente alla realtà oggettiva della tragedia e alla colpevolezza soggettiva della madre.
Dentro un male così grande e, per certi versi, così insondabile, nessuna sentenza ha una giusta misura.

E a posteriori l’unica certezza che ci porta è il senso di vuoto per un dovere che noi tutti, attori sociali di una comunità solidale, abbiamo mancato: proteggere la vita dei bambini dai tanti insulti di privazione che l’egoismo, l’ignoranza, la miseria e, anche, una fittizia emancipazione, portano all’infanzia. Quell’ergastolo che punisce senza attenuanti l’omicida non ci esime dall’interrogarci sul perché, anche noi, non abbiamo in qualche modo impedito che quest’orrore accadesse.

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