Sfida alla perfezione: “Formiche” di Sista interpella la società contemporanea

Sfida alla perfezione: “Formiche” di Sista interpella la società contemporanea
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Martedì 14 Maggio 2024, 17:18 - Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 12:21

Sista, nome d’arte di Silvia Gollini, emerge come una voce autentica nel panorama musicale italiano, tessendo un legame profondo tra le sue radici nel soul, funk e acid jazz e le contemporanee vibrazioni del pop italiano. Dopo una carriera ventennale arricchita da esperienze come corista per celebri artisti italiani e partecipazioni a prestigiosi eventi televisivi, Sista si distingue ora come cantautrice solista, portando la sua profonda comprensione artistica ai suoi lavori.

Il suo ultimo singolo, "Formiche", esplora con sensibilità temi di autenticità e standardizzazione nella società moderna, offrendo una critica incisiva alla continua ricerca della perfezione che pervade la nostra cultura tanto da non lasciare quasi tempo alla piccole gioie quotidiane. Il videoclip, girato in una suggestiva fabbrica di manichini, simboleggia l'irraggiungibile idealizzazione estetica, accentuando il messaggio della canzone con una rappresentazione visiva potentemente metaforica.

"Formiche" non è solo un'espressione artistica ma un invito a riflettere sulla velocità insostenibile della vita moderna e sulle superficiali aspirazioni al successo, spingendoci a riscoprire e valorizzare la nostra intrinseca imperfezione umana. Di seguito un'intervista esclusiva con l’artista, che approfondisce ulteriormente la visione artistica di Sista. Attraverso le sue parole, scopriremo come le sue esperienze personali e professionali si intreccino per dare vita a musica che non solo intrattiene, ma invita anche alla riflessione e all'autoanalisi.

Sista, la tua carriera nella musica abbraccia vari generi come l'Acid jazz, il Soul e il Funk. Come senti che queste influenze hanno plasmato il suono e il contenuto lirico delle tue produzioni?

Il mio nome Sista nasce proprio dalle formazioni Soul Funk e Acid Jazz in Italia e all’estero di cui ho fatto parte per tanto tempo. Stavo anche per trasferirmi a Londra nel 2021 e il mio album è iniziato con due singoli in inglese “Time4” e “Wednesday freedom” prodotti tra Inghilterra e Italia. Poi è arrivata la Pandemia, sono rimasta in Italia, nacque “Sospesi” in italiano e fu accolto molto bene. Le influenze Soul e Funk restano ma la deviazione in italiano ha richiesto prima qualche buon singolo pop di ingresso come “Kokoro”, “8 Marzo” e ora “Formiche”. Ma c’è un groove da Londra in lavorazione per l’estate.

Nel tuo percorso ci sono anche apparizioni televisive e partecipazioni a spettacoli teatrali. Come pensi che queste esperienze abbiano influenzato la tua espressione artistica?

Quando ti trovi a lavorare a livello professionistico, uno degli aspetti preziosi è ciò che apprendi dietro le quinte, il prima e il dopo di ciò che vedi in tv o in teatro. Molte delle cose che ho imparato le ho rubate a telecamere spente o a sipario chiuso, e la mia espressione artistica è la somma di tutti i camerini che ho abitato e degli scalini da palco piccoli e grandi, da quando avevo 16 anni.

Sei passata da corista per artisti noti come Alex Britti a cantautrice solista. Come è stato questo passaggio e quali sfide hai dovuto affrontare nel creare un tuo timbro musicale distintivo?

Lavorare come corista è stato prezioso. Ogni artista ha la sua personalità, e la tua voce si presta e deve valorizzare lo stile di un altro. Quando poi il ruolo cambia e sei tu al centro è diverso. Una delle sfide per me è stata il passaggio dallo scrivere dall’inglese all’italiano, dalle sonorità internazionali al pop italiano, e il confronto con la “mutazione” del mercato musicale italiano degli ultimi dieci anni. Non semplice.

Hai anche una passione per il coaching vocale. C'è un collegamento tra il tuo ruolo di educatrice e i messaggi che desideri trasmettere attraverso la tua musica?

Certo. Quando nasci e cresci con dei “valori” musicali precisi, hai fatto la sacrosanta gavetta e capisci di appartenere forse all’ultima generazione che ha vissuto il Live in tutte le forme. È impossibile restare inermi di fronte a questa generazione di sognatori. Noi avevamo motivazioni e spinte totalmente diverse.

Come descriveresti la tua identità musicale e quali temi ritieni più importanti da esplorare nelle tue canzoni?

La mia identità musicale oggi ha bisogno di più scrittura possibile per ottenere la formula giusta senza rimanere troppo ingabbiati con quello che va per la maggiore. Sembra incertezza, invece, è un dato di fatto dato dall’esperienza. È difficile adattare alcuni stili internazionali al pop italiano, nel frattempo ho bisogno di dire delle cose, lanciare un messaggio, e il tema più ricorrente è uno: il mondo va troppo veloce, la felicità in coda alle scadenze. Gli artisti combattono così, lanciano frecce alle menti attraverso le canzoni, un arrangiamento cucito bene su un testo diretto, evitando di confezionare qualcosa a tavolino secondo i trend musicali del momento. Tanto sono fuori dai target e, da una parte, ringrazio.

“Formiche” è il tuo ultimo singolo. Come si è evoluto il tuo stile musicale dall'inizio della tua carriera fino ad oggi?

Il mio stile è nato scrivendo per altri e poi per me. Nel 2020 volevo un sound acoustic pop dal sapore internazionale ed è nata “Time4” registrata fra Londra e Roma. Dai suoni giamaicani del quartiere di Brixton dove abitavo quando stavo per trasferirmi è seguita “Wednesday freedom” e poi è arrivata la Pandemia.

Ho scritto “Sospesi” in Lockdown destinata ad un'artista nota, la cosa non va in porto ma stranamente capisco che il brano mi piace per me, la pubblico e viene accolta benissimo. L’idea dell’album devia e lo faccio anche io, resto in Italia e scrivo in Italiano anche per me. Seguono “Kokoro” e “8 Marzo”, e ora “FORMICHE” .

Il brano offre una critica alla società moderna e alla sua incessante ricerca della perfezione. Qual è stata l'ispirazione principale dietro a questa tematica?

Direi che è impossibile non riflettere quando la ricerca della perfezione ti viene incontro continuamente mentre cammini per strada, ti appare cinquanta volte al giorno sul telefono, in tv o sui giornali. Stiamo perdendo il valore unico dell’imperfezione. Mi piace il mio naso imperfetto: è quello di mia nonna Stefania e ne sono contenta.

In "Formiche" esplori i temi della perdita di autenticità e della standardizzazione nella società contemporanea. Cosa ti ha spinto a scegliere una fabbrica di manichini di alta moda come location per il videoclip?

Cercavo un simbolo di perfezione estetica. Quale miglior idea se non una fabbrica di “bellezza impossibile”? Da secoli il manichino è l’emblema di un riferimento sbagliato. Rappresenta misure al di fuori della media eppure continuano a deriderci dalle vetrine…e fanno bene!

Quali sono stati gli aspetti più sfidanti nella produzione del videoclip e come pensi che questo amplifichi il messaggio della canzone?

In realtà la location era talmente piena di spunti che il video si è girato da solo. La fabbrica di manichini di alta moda aveva pezzi e articoli dagli anni ‘60 a oggi, un museo artigianale di corpi bellissimi fatti con vera arte umana. Armi letali per la vanità. Forse l’unica vera sfida è stata entrare io nella tuta di latex per rappresentare l’idea del manichino imperfetto che fugge dal meccanismo di assemblaggio. Appena finito il video, ho ripreso fiato e con mio fratello Marco Gollini, regista e arrangiatore del brano, abbiamo festeggiato cercando il super panino perfetto.

Nel brano parli di come la cultura moderna spinga verso un ideale di successo distante dalla nostra essenza umana. Potresti condividere un momento personale che riflette questa lotta?

La mia lotta è tutti i giorni, nel tentare di dare immenso valore alla felicità delle piccole grandi cose: la colazione che adoro, la campagna dove ora abito, la mia gatta, le persone che amo, la cultura, le canzoni che scrivo, i sognatori con cui lavoro tutti i giorni. Major, Radio Network e Sanremo sono certo canali potenti per una canzone e per un autore ma quando mi stranisco troppo penso che a numeri troppo alti corrisponde musica che non vorrei cantare. Così mi sento meglio e mi faccio un cappuccino.

Parlaci del processo creativo dietro la tua musica. Come nascono le tue canzoni e quali elementi consideri cruciali nella produzione?

Le canzoni arrivano come vogliono loro. Non sai né come né quando, ma succede. E ovunque ti trovi devi bloccare tutto e prestare loro attenzione, afferrarle subito, perché può cambiare tutto in un secondo e tra cinque minuti puoi averla persa o può non essere la stessa di prima. E non è mai lo stesso viaggio. A volte le scrivi in dieci minuti ed è una bomba, altre hanno bisogno di più cura, altre si fanno toccare dopo anni. Sono lì ad aspettare e sono loro a sapere esattamente quando è il momento. Il mio processo creativo è così. Cruciali sono il testo e in ultimo la vestizione - l'arrangiamento - che puo’ valorizzare o demolire una bella canzone.

Le collaborazioni artistiche possono spesso portare a nuove scoperte creative. Ci sono artisti con cui hai collaborato che hanno particolarmente influenzato il tuo approccio musicale?

Fra tante esperienze devo ringraziare la mia prima tournée con Alex Britti che, fra le molte cose, è un grandissimo musicista blues da cui ho osservato l’importanza del lavoro su un progetto con musicisti che conosci da una vita. Lavorando con grandi musicisti, è così che si è sviluppato il mio approccio, vivendo anni di sale prove e chilometri, parlando la stessa lingua, su palchi piccoli da pochi posti fino a quelli enormi come il Primo Maggio o lo Stadio Olimpico. Vicino ai grandi artisti ci sono sempre grandi musicisti.

Quali sono i tuoi obiettivi futuri nella musica? Ci sono nuovi territori espressivi o collaborazioni che desideri esplorare?

Vorrei vivere come Carol King, abitare nella natura e scrivere per me e altri artisti canzoni indimenticabili. Gradirei entrare nell’Olimpo degli autori di Sanremo ma al momento mi basterebbe che a breve un mio brano sia un singolo di successo per un grande artista. Usciranno altri due singoli nei prossimi mesi. In uno dei due come accennato, farò una telefonata a Londra ad un caro amico musicista che suona con una delle band Acid Jazz più famose al mondo e, se tutto va bene, avrò un batterista e bassista di fama mondiale. Ottimismo!

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