I BORGIA
A Santa Maria del Popolo, eretta su una chiesuola voluta da Pasquale II nel 1099, c'era la cappella Borgia, creata da Alessandro VI, con le tombe del figlio Giovanni, e della madre, Vannozza Cattanei, sua amante, che gli aveva dato quattro discendenti, compresa la bellissima Lucrezia. Di Giovanni si è scritto tutto il male possibile: forse è lui che ha ucciso il fratello Goffredo. Ma qui e ora, questo ci interessa assai poco. Le due tombe sono scomparse: quella di Vannozza, forse, saccheggiata con il Sacco di Roma; nel 1948 ne è stata ritrovata la lapide sotto il pavimento della basilica di San Marco, durante i restauri, che oggi è nel portico. E le altre cappelle intorno hanno i nomi di casate tra le maggiori del tempo: della Rovere, Theodoli, Cybo, Mellini, Cesari ed altri ancora.
RAFFAELLO
Al banchiere non è difficile farsene assegnare una da papa Giulio II. E' il 1507, e la progetta Raffaello; muore, e la continuerà Lorenzetto, la finirà Bernini. La cupola è su disegni del Sanzio. Nel Quattrocento, quel luogo era per la Madonna di Loreto; ma Chigi la scalza. La storia dell'arte gliene rende certamente merito: di Francesco Salviati gli affreschi tra le finestre; di Sebastiano del Piombo la Nascita della Vergine sull'altare, dipinta a olio su una parete di blocchetti di peperino; completate da Bernini le sculture, e le sepolture sia di Agostino, sia del fratello Sigismondo, a forma di piramide; nelle nicchie, sculture su disegni dello stesso Raffaello. Nella volta a cassettoni, Dio padre circondato dalle allegorie del sole e gli altri pianeti.
Per creare la cappella, si calcola che sono stati necessari 148 anni: non è che in antico, le opere pubbliche fossero poi tanto veloci. Più tardi, Bernini scolpisce per un altro Chigi, Fabio cioè papa Alessandro VII (discendente di Agostino, nipote di Paolo V Borghese), anche la tomba, bellissima: è in San Pietro. Morto il banchiere, la cappella a Santa Maria del Popolo ha per supervisore il figlio Lorenzo; che, tuttavia, non è passato alle cronache con una memoria troppo entusiastica: infatti, nel 1528, riesce a far chiudere la maggior impresa paterna.
SCENOGRAFO
Già che ci siamo, nella chiesa è anche la tomba di Giovan Battista Gisleni, architetto e scenografo: a sinistra del portale d'ingresso. Una grata imprigiona uno scheletro; con sopra e sotto scritto, in latino, «Né qui vivo, né là morto»; e, su due medaglioni laterali, «Morirò nel mio nido», e «Come la fenice moltiplicherò i giorni». La tomba costituiva un suo progetto, di bravo scenografo, che rimane abbastanza misterioso: forse, non si è mai completamente vivi, perché si attende la morte; né completamente morti, perché i cristiani credono nella vita futura? Ma, si sa, qualche busillis fa sempre bene.
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