Severino: «Le nuove leve si convincono con il merito»

La presidente dello Sna: il cambiamento è in arrivo

Severino: «Le nuove leve si convincono con il merito»
di Roberta Amoruso
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Sabato 18 Maggio 2024, 06:36

Professoressa Paola Severino, una Pubblica amministrazione che perde pezzi non dà l'idea di un Paese con gli strumenti per affrontare le sfide della transizione ecologica e digitale o della rivoluzione dell'Intelligenza artificiale. Dall'osservatorio privilegiato di presidente della Scuola Nazionale dell'Amministrazione, può dire che i giovani abbiano perso l'orgoglio di servire "la cosa pubblica"?

«Il forte calo dei dipendenti della pubblica amministrazione, unito al fenomeno della denatalità fa pensare, in effetti, a un Paese in via di estinzione. Ma a leggere bene i dati, l'uscita di una parte della classe dirigente del nostro Paese con l'età media più alta d'Europa è un'occasione per creare davvero una generazione di giovani con una formazione adeguata».

A patto che siano attratti da una Pa senza il passo degli stipendi e delle carriere del privato. Pensi a un ingegnere.

«In realtà, la mia esperienza, seppure legata in particolare alla selezione dei vertici è estremamente confortante».

Un'ottima notizia.

«Da quanto sono presidente della Sna, il corso-concorso, la forma più selettiva per l'accesso all'alta dirigenza della pubblica amministrazione ormai diventato annuale, ci dà la possibilità di una selezione molto numerosa, ma anche di qualità molto alta. E, a sorpresa, la partecipazione dei giovani è molto elevata».

Quanto?

«L'accesso è riservato ai dirigenti con almeno 5 anni di anzianità oppure a chi ha un master o un dottorato di ricerca. Ebbene, nell'ultimo corso-concorso la percentuale di questi ultimi tra i vincitori è stata del 40%. Un numero inimmaginabile, se si considera che questo percorso era considerato a misura di chi aveva già fatto carriera nella Pa e quindi con un età più elevata».

Significa che la Scuola ha la marcia della svolta?

«Ci sono nella Sna gli stimoli giusti. A partire dalla capacità di presentare un volto nuovo della Pa, attenta all'innovazione, al digitale, ma anche al confronto con le realtà imprenditoriali più importanti, attraverso il paternariato pubblico-privato. Un percorso che cerca di stimolare non solo le conoscenze, ma anche le competenze, le capacità di risolvere i problemi e di confrontarsi con un'elevata dose di interdisplinarietà, dai temi dell'Ia a quelli della cybersecurity. Selezioniamo i migliori per l'alta dirigenza esattamente come fanno i cacciatori di teste. E questo nuovo modello è una grande attrattiva».

Insieme all'orgoglio di essere parte della crescita futura?

«Certo, così è più facile fare centro anche sui valori. La Pa è l'ossatura dello Stato, è il punto di riferimento delle scelte di politica economica che un Paese vuole percorrere, oltre che delle mete tecnologiche che intende raggiungere. È una grande attrattiva e i nostri numeri lo dimostrano».

Al servizio del Paese ma anche capaci di sedere ai tavoli internazionali come gli altri dirigenti europei. Come siamo messi rispetto agli altri?

«La visione internazionale è cruciale.

Altri Paesi dedicano grandi energie alla preparazione di funzionari e dirigenti che vanno poi a Bruxelles e Strasburgo a supportare le attività del Parlamento e della Commissione Ue rappresentando le esigenze del proprio Stato. In particolare, i francesi lo stanno facendo in maniera molto accurata. Per noi questa è la strada. Ecco perché introdurremo stage all'estero presso gli snodi della governance europea».

L'effetto- ritenzione funziona anche quando è forte la concorrenza nel privato?

«Sentirsi promotori di nuovi valori di nuove tecnologie è un grande stimolo, alimentato sin dalle aule delle Università, con le quali abbiamo un filo diretto. E non dimentichiamo che generalmente i giovani entrano nelle imprese passando dalla "porta piccola". Anche una carriera fulminante richiede tempo. Il nostro corso-concorso invece, seppure molto selettivo, è capace di proiettare menti freschissime direttamente nella dirigenza. Non è poca la differenza. Quella che noi chiamiamo la "New generation Pa" è arrivata al vertice e ci rimane, a giudicare dai numeri degli ultimi anni. Si vede la luce in fondo al tunnel».

Il mondo della Pa è però fatto anche da milioni di funzionari che oggi guardano più a stipendio e carriera che al "posto fisso".

«Lo stesso schema deve funzionare anche a cascata. Anche il ministero della Funzione Pubblica sta lavorando su una selezione più accurata di chi entra nella fascia iniziale. I risultati non arriveranno domani, ma l'importante è non stare fermi».

Non crede che per vincere lo stereotipo del "furbetto del cartellino" serva un cambio di mentalità?

«Dobbiamo combattere proprio contro lo stereotipo. C'è una seria intenzione di rendere più remunerativo il lavoro anche di chi parte dal primo gradino. Nello stesso tempo, in un mondo di grandi incertezze il valore della stabilità del proprio lavoro ha ricominciato a avere un certo peso. Ovviamente non parliamo del "posto fisso" raccontato da Checco Zalone».

Sempre se cambia la percezione del premio al merito.

«Questo è fondamentale. La promozione per merito deve diventare davvero l'elemento caratterizzante per la pubblica amministrazione. In questo le nuove tecnologie aiuteranno a far emergere il valore e a seppellire la cultura della raccomandazione. Anche le valutazioni tra colleghi devono assumere un nuovo significato. E forse è proprio questo il salto più difficile da fare».

Basta a far sentire la Pa anche sentinella di legalità?

«Dove va avanti il merito è più facile disseminare la cultura della lotta alla corruzione. Ma anche questo richiede formazione continua».

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