Calenda: «Meloni-Schlein solo uno show. In due non arrivano neppure alla metà degli elettori»

Il leader di Azione: è uno scempio antidemocratico, porteremo il caso all'attenzione della Vigilanza Rai

Incontro con la stampa e la popolazione del segretario di Azione Carlo Calenda in via Mercanti a Milano, 10 maggio 2024. ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
di Mario Ajello
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Martedì 14 Maggio 2024, 06:34

Carlo Calenda, lei è d’accordo con Tajani che al Messaggero ha detto che il confronto tivù per le Europee va fatto tra tutti i leader e non solo Meloni-Schlein?

«È sempre sbagliato fare confronti elettorali a due dove non c’è l’indicazione diretta del presidente del consiglio. Ma per queste Europee sta accadendo di più, una vera enormità. Non solo c’è il sistema proporzionale ma Meloni e Schlein insieme non fanno neppure la metà degli elettori italiani. Quel faccia a faccia sarebbe una grandissima distorsione della par condicio e una truffa ai danni degli elettori. Nella quale si prova a dire: c’è una sola alternativa, scegliete A o B. Per di più, nel Pd di Schlein c’è tutto e il contrario di tutto e un solo messaggio: i buoni siamo noi. Mentre FdI di Meloni il programma per le Europee non ce l’ha proprio. Quindi quel duello rischia di essere uno show in cui di Europa non ci sarà traccia. Le faccio notare un’altra cosa: dell’attuale maggioranza europea, in quello spettacolo sarà rappresentato solo un partito su 3. Solo il Pd, in assenza di Renew Europe che in Italia siamo noi, e Forza Italia che rappresenta il Ppe».

E come fate a fermare il duello già deciso per il 23 maggio?

«Ci appelliamo a tutte le istituzioni italiane affinché blocchino questo scempio anti-democratico e anti-costituzionale.

Ora portiamo il caso nella commissione di Vigilanza Rai. Dove si può creare un fronte molto ampio. Sono in tanti a pensarla come la penso anche io: serve un confronto tra tutte le forze politiche che si presentano alle Europee, in modo che gli elettori possano scegliere sulla base dei programmi e delle competenze dei vari leader. Vediamo se in Vigilanza il Pd, che organizza fiaccolate per il pluralismo televisivo, è pronto a spegnere immediatamente le fiaccole quando c’è la possibilità di spartirsi il potere televisivo».

Scusi, però: quale vulnus democratico c’è nel metodo di fare tanti faccia a faccia tra leader?

«Il primo show lo seguirebbero in tanti. Quelli successivi non credo. Già questo è un disequilibrio contrario alla par condicio. E poi con questo tipo di format l’unica cosa che si fa è alimentare uno scontro tra persone. Seguendo il filone dell’informazione che diventa intrattenimento. Lo sa che oggi nel Parlamento europeo l’influenza dell’Italia è al 25esimo posto su 27? Non contiamo niente, perché andiamo in Europa senza idee, totalmente impreparati tecnicamente e con gente che spesso non parla lingue straniere. Il confronto dev’essere largo e sui contenuti. Tutti i leader dei partiti che rappresentano i voti degli italiani, e i telespettatori si potranno fare la loro idea. Questo è un format da buona fisiologia democratica. E che serve a informare veramente i cittadini. In un Paese serio si invitano tutti a un confronto unico, e chi non viene verrà rappresentato in scena dalla sedia che ha lasciato vuota, così gli elettori sapranno chi ha avuto il coraggio di esserci e chi no».

Chi potrebbe arbitrare il confronto extra large?

«Bruno Vespa andrebbe benissimo. Lo considero un ottimo professionista. Porta a Porta si presta a questo tipo di dibattito che dev’essere sui progetti e non sui battibecchi. Tre minuti di intervento e un minuto di diritto di replica. Mi auguro che le altre autorevoli professionalità che abbiamo nelle reti Mediaset, La7 e Sky, dalla Berlinguer a Mentana, dalla Gruber a Floris e a Formigli, si attivino per invitarci tutti a discutere. Di dibattiti se ne possono fare più di uno. Ma quello sulla televisione pubblica è cruciale. Il confronto stile americano, largo e partecipato, sarebbe un modo per rispettare i cittadini che pagano per il servizio pubblico, lo pagano tutti e non solo chi vota Pd o FdI. La Rai non deve assumersi la responsabilità della distorsione elettorale. Chiamerò l’ad Sergio e il dg Rossi per dirgli questo. La Rai, se non da voce a tutti nello stesso contesto e nello stesso modo, avrà determinato il corso della campagna per le Europee, passando da arbitro a giocatore. E per una televisione pubblica questa sarebbe una gravissima responsabilità».

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