«Ha un appartamento a Dhaka. Lo vende e mi dà 200 mila euro. Se non dà i soldi ammazzatelo». Indicazioni criminali. Incredibile pensare che siano state pronunciate da Nure Alam Siddique, detto "Bachcu", bengalese di 58 anni, particolarmente conosciuto in zona Torpignattara per essere il presidente dell'associazione "Dhuumcatu", impegnata sul territorio per fornire assistenza agli immigrati. L'uomo è stato arrestato per aver sequestrato, con l'aiuto di altri sette connazionali, un 34enne del Bangladesh, a scopo estorsivo. La vittima si trovava in un ristorante con la moglie incinta - dove era stato portato con l'inganno -, lì era stato raggiunto da sei uomini di Bachcu e portato con la forza in un hotel a Carsoli, in provincia de L'Aquila dove, grazie alla denuncia sporta dalla donna, era stato liberato dagli agenti della squadra mobile e del commissariato di Avezzano, che avevano arrestato i suoi aguzzini. Da qui il via alle indagini, condotte congiuntamente dai carabinieri della stazione di Torpignattara, del nucleo operativo della compagnia Casilina e dagli agenti del commissariato Viminale, coordinati dalla Dda di Roma, che hanno portato ieri mattina alla notifica del provvedimento del gip di custodia cautelare in carcere per Bachcu, e di obbligo di firma per Alam Shah, autore materiale del rapimento e presente nell'hotel di Carsoli, e Sayem Khandakar, alla guida del veicolo utilizzato per il rapimento. Nessuna misura nei confronti degli altri cinque indagati che comunque affronteranno il processo per sequestro di persona in concorso a scopo estorsivo e lesioni personali.
IL DEBITO
Ad aiutare gli inquirenti nelle indagini, le dichiarazioni della persona offesa che, una volta liberata, si è recata più volte nella stazione dei carabinieri di Torpignattara. E quelle direttive, pronunciate da Bachcu ai suoi scagnozzi, è stato proprio lui a sentirle, mentre parlavano al telefono in viva voce portandolo in Abruzzo, legato, imbavagliato e più volte percosso da tutti i presenti nell'auto.
L'accanimento del 58enne bengalese nasceva, ha raccontato la vittima, da un prestito che questo gli aveva fatto nel 2021 di sette mila euro.
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Era stato liberato dopo aver promesso la restituzione di una parte dei soldi, avvenuta il 16 gennaio dello stesso anno. Ma il bonifico non era bastato ai malviventi che lo avevano rapito di nuovo, per una notte intera, chiedendo ancora quei 100 mila euro. L'ultimo rapimento poi il 30 ottobre 2022, nel ristorante. Un punto di non ritorno che ha portato marito e moglie, una volta fuori pericolo, a denunciare tutti gli illeciti della "banda": «Questa organizzazione è composta dal capo Nure Alam Siddique e altri 15-20 uomini che si riuniscono da circa 10 anni». «Prestano soldi e li richiedono con gli interessi, vendono sostanza stupefacente, prendono soldi dalle persone musulmane per acquistare terreni per la sepoltura che non vengono mai comprati».