L’assedio dei “pro-Gaza” non ferma la Sapienza «Molti non sono studenti»

Università La Sapienza, protesta contro il senato accademico con la richiesta di scioglimento degli accordi con la Leonardo spa e università Israeliane - Cronaca - Roma, Italia - Martedì , 14 Maggio 2024 (foto Cecilia Fabiano/LaPresse) La...
di Mauro Evangelisti
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Mercoledì 15 Maggio 2024, 05:55

Luce tenue del pomeriggio e frasi sussurrate. Al secondo piano della facoltà di Lettere e Filosofia gli studenti sono seduti nei corridoi e ripassano. Alcuni scherzano alla macchinetta del caffè. Solo in un’aula ancora vuota una docente, computer acceso e libro di Virginia Woolf, prepara una lezione. Bum. Bum. Bum. La quiete viene violata dall’esplosione di petardoni sotto le finestre. Spiega la professoressa: «Un po’ di preoccupazione c’è, i ragazzi riusciranno a raggiungere l’aula?».

Corteo di studenti pro Palestina alla Sapienza, petardo e lancio di uova contro il Rettorato

La cittadella universitaria è molto vasta, il corteo dei 300 che si sono accampati dietro al rettorato e che sfila con un percorso ubriacante nei vialoni e nei vicoli per sostenere la causa palestinese e contestare la collaborazione dell’università con atenei israeliani, è rumoroso ma non oceanico. Riempiono i muri di scritte («Polimeni - il nome della rettrice - dove sei?»), lanciano vernice rossa contro il rettorato, danneggiano qualche vetrata, rovesciano cassonetti, ma non è l’apocalisse. Molti degli studenti neppure si accorgono di quanto succede.

Lezioni, esami e quotidianità dell’Università scorrono. Il corteo dei 300 è una parte molto piccola del tutto: la Sapienza ha 120mila iscritti. La rettrice, Antonella Polimeni, ha riunito il Senato accademico come da programma, anche se c’è l’assedio dei manifestanti. E scelto la linea del silenzio: gestire il dissenso.

 

STRATEGIA

Giusto? Sbagliato? Un gruppo di docenti, dopo gli scontri tra studenti e polizia dei giorni scorsi, ha firmato una lettera a sostegno della sospensione del bando sulla collaborazione scientifica tra Italia e Israele, ma anche in questo caso è una parte del tutto. Racconta un professore esperto di comunicazione che non ha sottoscritto quella presa di posizione: «Mi pare giusto che l’università, come istituzione, parli con gli atti ufficiali. Altrimenti sa cosa succede? Entriamo nella logica del talk show, della battaglia a colpi di dichiarazioni utili solo per i titoli dei giornali: non porta a nulla e alimenta la tensione. Se a Roma sta succedendo tutto alla Sapienza è perché chi organizza queste manifestazioni sa bene che qui otterrà molta visibilità da parte dei media». La tesi del professore è che la Sapienza non è Ucla né la Columbia (le università americane teatro di proteste violente, partecipate, anche con degenerazioni antisemite), ma è il palcoscenico per una coreografia prevedibile in cui ognuno svolge la sua parte: «A partire da chi protesta. E controllate: una parte consistente dei manifestanti viene dall’esterno, non ci sono solo studenti della Sapienza». Il corteo traccia un cerchio all’interno della cittadella universitaria, accende fumogeni, trascina cassonetti e torna nel “pratone” dove è stata allestita la tendopoli, per la verità non proprio sterminata. Qui tiene una assemblea definita “controsenato accademico”.

E in effetti ci sono molti visi già visti in altri tipi di proteste. Commenta Marco, seduto su un muretto all’entrata di Scienze politiche, in attesa dell’inizio di una lezione: «Però ci sono anche molti studenti, sarebbe scorretto dire che sono tutti arrivati da fuori. Certo, in una università così grande c’è anche chi è disinteressato, chi pensa solo a studiare, chi concorda con il movimento a favore dei palestinesi ma non si vuole immischiare perché ha paura di prendere manganellate». Un altro osserva disincantato: «Qui le occupazioni sono più o meno sempre una fiction: lezioni, esami e servizi non si fermano. Direi che sono inutili». Giacomo Mollo, studente di Economia, ha una visione di parte perché è responsabile di Azione Universitaria alla Sapienza (dunque vicino a FdI) e aveva organizzato un convegno con il giornalista David Parenzo che venne duramente contestato dai pro Palestina: «Siamo di fronte a una minoranza che alza la voce e agisce pure in modo violento. Anche tra chi magari è schierato con le ragioni dei palestinesi e chiede di fermare l’aggressione a Gaza, in molti non apprezzano con questi metodi». «Ma se ritieni che ciò che sta succedendo a Gaza è ingiusto, non puoi restare a guardare», ribatte un altro studente. Esplode ancora un petardo. I reparti mobili vigilano perché la protesta non esca fuori dalla cittadella universitaria, mentre nei vari padiglioni che hanno vissuto giornate ben più drammatiche e violente, tutto prosegue più o meno come prima, con le lezioni, gli appunti, gli esami. La protesta, almeno per ora, è anestetizzata.

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