Barbara Jerkov

Il commento/ La violenza e il senso perduto delle parole

di Barbara Jerkov
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Martedì 14 Maggio 2024, 06:04
Le minacce pronunciate alla volta del sindaco Gualtieri, che sta combattendo una battaglia di legalità per riportare la presenza delle istituzioni a Tor Bella Monaca, da un internauta che (al solito) si nasconde dietro all'anonimato dei social. Nelle stesse ore, le drammatiche foto postate da Bianca Berlinguer in cui si vede la tomba del padre Enrico al cimitero Flaminio devastata dai vandali, per la seconda volta nello stesso mese. E ancora. Le serrature bloccate nottetempo all'Università La Sapienza per impedire l'accesso al Rettorato e ad alcune aule, ennesimo capitolo di una lotta antagonista al sistema universitario col pretesto della questione palestinese. Per non dire della rivelazione fatta ieri dalla senatrice Segre: «Ricevo minacce pazzesche che ho ignorato per anni. E mi preoccupo di questi odiatori in generale che dovrebbero essere protetti e curati. Ma io ho visto tutto, come potrei avere paura a uscire di casa?». E' diventato davvero questo il confronto, non diciamo politico, ma delle idee?
È, purtroppo, la grammatica dei social, entrata ormai nel vivere comune. Le parole hanno perso qualsiasi freno inibitore e - in primo luogo - il senso autentico del loro significato. Gridare "A morte!" o svellere una lapide, per certa gente, è poco più di un post da twittare o una foto da instagrammare. Senza fermarsi a riflettere a cosa questo significhi, al messaggio che si sta mandando. L'indignazione come nuovo lessico familiare che invade la sfera pubblica andando a colpire i simboli, siano essi istituzionali (il sindaco) o ideali (la senatrice Segre o Enrico Berlinguer). Non può lasciarci indifferenti tutto questo, perché questo clima preoccupante ci riguarda tutti.
 
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