Vittima di tratta e schiavitù, era costretta a prostituirsi con la maledizione dello Juju. Sarebbe stata questa “l’arma” utilizzata dal sodalizio internazionale di matrice nigeriana, dedito alla tratta di esseri umani, scoperto dalla Squadra Mobile di Viterbo, coordinata dalla Dda di Palermo.
La vittima, che è riuscita a scappare dalle minacce e dalle violenza della banda, ha spiegato agli inquirenti che per mesi ha vissuto sotto la minaccia di ritorsioni contro di lei e contro la sua famiglia rimasta in Nigeria. Le prime denunce della donna sono della primavera del 2017, quando dopo un tormentato viaggio dalla Nigeria alla Sicilia, passando per il Niger e la Libia, raggiunge prima Torino, poi Cesano Maderno, Catania e infine Viterbo. E’ qui che nel centro immigrati di via Emilio Bianchi trova la forza di parlare di quelle persone che l’avevano costretta a prostituirsi per ripagare un debito. Uomini e donne senza scrupoli che dopo averla privata della libertà la tenevano prigioniera con la maledizione dello Jujo.
«Vogliono 25mila euro - ha spiegato la ragazza agli agenti della Squadra Mobile -, è il prezzo del viaggio che mi hanno costretto a fare dalla Nigeria a Casa. Dovevo andare da una “madame” che vive qui per fare la parrucchiera. Ma la madame mi faceva prostituire ogni notte.
«Madame mi colpiva con una frusta codata - ha detto ancora la vittima - se non facevo quello che diceva. Mi teneva chiusa in casa e mi sottoponeva al “regolamento”». Il regolamento, erano le regole della casa: divieto di uscire da sola, obbligo di pulire e di non parlare con nessuno e costrizione alla prostituzione ogni giorno dalle 21 alle 6. «Quando sono arrivata a Viterbo - ha detto ancora la ragazza - hanno continuato a chiamarmi al telefono ogni giorno perché volevano i 25mila euro. Un uomo è anche andato dalla mia famiglia in Nigeria dicendo che avrebbe fatto del male anche a mio figlio».