Caso inaugurazione in zona rossa arriva in parlamento. Arena paga per la sua febbre da social

Il sindaco Arena all'inaugurazione
di Carlo Maria Ponzi
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Giovedì 25 Marzo 2021, 13:04 - Ultimo aggiornamento: 13:18

In origine fu Silvio Berlusconi a raccontare le gesta della discesa in campo indossando il cappello da ferroviere, da operaio, da muratore, fino alla bandana sfoggiata a Porto Cervo per nascondere il trapianto dei capelli. Poi venne Matteo Salvini, con la collezione di felpe delle varie forze dell'ordine o con il nome delle località toccate nelle campagne elettorali. E a Viterbo chi guida l'amministrazione comunale non disdegna la metafora visiva.

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Giovanni Maria Arena, sindaco dal 2018, dopo un inizio in sordina per l'utilizzo di particolari simboli di comunicazione, dai primi mesi 2020 si è scatenato, ammonticchiando nel suo profilo Facebook (e quindi distribuendo alla stampa), una miriade di foto. Da un lato legate a eventi reali, dall'altra a messaggi subliminali che vedono protagonisti gli animali. Il 1° febbraio entrò in scena con un povero tasso ferito “dopo un combattimento con un cane, per cui ho chiamato il servizio veterinario della Usl (sic); mi auguro di tutto cuore che possa salvarsi”.

Qualche ora dopo informò che “purtroppo, mi hanno comunicato che il tasso non ce l'ha fatta. Speravo proprio che potesse tornare nel suo habitat naturale”. Il 17 gennaio, grazie a Sant'Antonio e alla benedizione degli animali, Arena si mostrò con in braccio un Chihuahua, per la felicità di una follower: “Buongiorno Sindaco, è bello assistere alle sue stupende iniziative. In questa foto ho visto qualcosa che non sapevo: il suo amore per gli animali e questo le fa onore, chi ama gli animali ama anche le persone”.

Arena l'apoteosi l'ha raggiunta, con la complicità dell'invasione degli storni, tramutandosi in falconiere (alquanto impaurito), con una pojana appollaia sul braccio. Il 2 febbraio una immagine idilliaca: appoggiato a una staccionata, il sindaco conversa con tre asinelli e si produsse in una massima: “Quanta della loro umiltà servirebbe al genere umano”.

Ma l'acme della narrazione fotografica fu conquistata con uno scatto che racconta la mestizia di un sindaco di fronte a un cumulo di immondizia che forse, mentre impreca contro tanti concittadini incivili e barbari, lo aiutava a meditare che la sua città non riesca a trovare un assessore all'Ambiente a tempo pieno.

Dallo scorso marzo, scoppiata la pandemia da Covid, Giovanni ha alimentato la patologia iconografica con centinaia (se non migliaia) di foto con la mascherina. E' inutile elencarle. Chi ha piacere può ammirarle digitando il nome del sindaco sulla funzione immagini di qualsiasi motore di ricerca.

In sequenza passano quelle di Arena sorridente o rabbuiato o pensieroso o incazzato o ilare o vigile o a tagliare nastri o a controllare le ditte incaricate “di fare bella la città e non voglio più vedere un filo d'erba”. Finita la tiritera, una domanda sorge spontanea: il primo cittadino, oltre a dispensare, un giorno sì e l'altro pure, le immagini di sè medesimo, trova il tempo di riempire di sostanza non effimera la sua amministrazione?

La sostanza sul piano politico, espressa da una maggioranza che si segnala più per la litigiosità nelle segrete stanze, abbinata al silenzio per spiegare ai cittadini per quali motivi la macchina comunale, con la strategia del rinvio, si avvita su stessa. A meno che Arena & co. non si accontentino di essere ricordati per le potature di platani e pini.

Per tornare alle foto è d'obbligo citare l'ultima, per cui Viterbo ha conquistato le cronache nazionali: l'inaugurazione del centro commerciale in piena zona rossa. Il sindaco ha fatto il mea culpa, ma quella immagine è difficile da cancellare.
 

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