Viterbo, tenta di portare bimba di 10 anni in Germania: arrestato richiedente asilo

Viterbo, tenta di portare bimba di 10 anni in Germania: arrestato richiedente asilo
di Giorgio Renzetti
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Mercoledì 1 Marzo 2017, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 9 Gennaio, 17:20
Un nigeriano richiedente asilo, ospite da mesi a Viterbo, è stato arrestato dalla polizia con l'accusa di essere un trafficante di minori. La bambina di 10 anni, arrivata nel capoluogo dalla Nigeria con l'uomo che avrebbe dovuto essere suo padre, si sarebbe ribellata: «Non è lui mio padre e non voglio andare in Germania, ma restare a Viterbo per poter andare a scuola», ha detto.

E’ stata lei a rivelare perchè la scorsa settimana, improvvisamente, i due erano spariti dalla Tuscia. Erano diretti in Germania, meta finale di “consegna” della bambina, venduta in Africa dalla famiglia ai trafficanti di minori. I due avevano tentato di entrare in Svizzera ma erano stati bloccati perché senza documenti: “padre e figlia” sono stati rimandati a Viterbo dove, lo scorso 21 febbraio, la bambina ha raccontato tutto a un mediatore culturale.

LA STORIA
Dieci anni, partita da un villaggio della Nigeria dopo essere stata venduta ai trafficanti di uomini. Destinazione finale la Germania, dove però non è mai arrivata. Per sua fortuna: è rimasta a Viterbo dove il suo (per ora, presunto) carceriere è stato arrestato.

La bambina, ospite nel centro di accoglienza in via Emilio Bianchi, era arrivata mesi fa nella Tuscia insieme all’uomo che dichiarava di essere suo padre. Settimane e settimane di (apparente) convivenza con gli altri richiedenti asilo, con la bambina impegnata a integrarsi con i compagni di classe. Un processo simile a tanti altri casi, almeno fino a quando “padre e figlia” spariscono. «Sono scappati ieri notte», registrano i responsabili del centro. Difficile cercarli. Ma il giorno dopo la notizia: hanno tentato di passare la frontiera con la Svizzera, ma sono stati bloccati. Respinti perchè senza documenti. In realtà l’uomo li aveva, nascosti nei calzini per non essere tracciato come richiedente asilo in Italia.

Costretti a restare sul territorio italiano, “padre e figlia” prima tentano un nuovo passaggio del confine, poi vengono rimandati a Viterbo. E qui, lo scorso 21 febbraio, ricompaiono. L’uomo non dice nulla, la bambina parla. E racconta a un mediatore culturale che l’ha seguita per mesi, tutta la storia. «Sono partita dal mio villaggio in Nigeria con quella persona che non è mio padre. Siamo molto poveri e alla mia famiglia hanno dato dei soldi per portarmi fino in Germania da una famiglia, così ci hanno detto. Come per molte delle altre mie sorelle. Ma io sto bene a Viterbo, non ci voglio più andare con lui», ha detto. E’ credibile? Ha inventato tutto? Ma viene chiamata la polizia e l’uomo non sa dare spiegazioni alla sua fuga, non parla. E viene arrestato.

Ai molti interrogativi stanno ora cercando di dare risposte gli inquirenti della squadra mobile, coordinati da Leonardo Marano. In questura, eseguito l’arresto, si sono mossi su due fronti, egualmente delicati: Il primo: salvaguardare la bambina, affidata a una casa famiglia in città perché possa continuare ad andare a scuola e, soprattutto, non sia rintracciata dalla rete che voleva farne di lei un pacco. Il secondo: risalire, pur con mille difficoltà, al canale utilizzato dal nigeriano arrestato per trasferire la giovane dall’Africa alla Germania. Quindi compagni di viaggio, complici, finanziatori degli spostamenti o semplici comprimari, tutti insieme utili e indispensabili all’organizzazione che sfrutta la tratta dei minori.
 
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