Mesi di appostamenti e pedinamenti per riuscire a parlare con la ex, alla sbarra presunto stalker

Aula
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Martedì 19 Ottobre 2021, 06:25

Mesi di appostamenti e pedinamenti per riuscire a parlare con la ex, alla sbarra presunto stalker. Un cinquantenne della provincia di Viterbo, assistito dall’avvocato Vincenzo Dionisi, è finito a processo per atti persecutori nei confronti della sua ex fidanzata. Tutto sarebbe iniziato a fine agosto del 2018, quando la vittima ha deciso si sbatterlo fuori casa.

«Stavano insieme da 10 anni - ha raccontato la donna in aula davanti al giudice Elisabetta Massini - quando dopo l’ennesimo maltrattamento ho deciso di chiudere la storia. L’ho mandato via di casa. Per i primi due mesi sembrava scomparso, poi a novembre è cambiato tutto. Un sabato notte mi ha chiamato dicendo che doveva parlarmi. Era tardi e gli ho detto sentiamoci domani. E invece lui è piombato a casa mia».

Quella l’imputato avrebbe prima provato a forzare la porta d’ingresso della casa, poi avrebbe iniziato a girare intorno alla casa, una villetta bifamiliare, per trovare una finestra lasciata aperta. «Accanto a me abita mio padre - ha detto ancora - io presa dal panico sono andata via e sono rimasta nascosta nella spazio comune.

Ho visto lui che accendeva le luci in ogni stanza che mi cercava. Poi dopo diverse ore è andato via. E alle 5 ha citofonato a casa di mio padre».

Ovviamente la situazione non si è conclusa quel giorno. La donna che aveva deciso di non aver più niente a che fare col suo ex compagno è dovuta andare a vivere a casa della sorella e ricorrere ad amici e parenti per andare e tornare da lavoro. «Mi seguiva ogni giorno - ha detto ancora - mi aspettava fuori dal lavoro e sotto casa. Mi inviava anche 20 -25 messaggi al giorno. Ogni volta che mi vedeva mi chiedeva di parlare. Me lo sono anche ritrovato più volte nel giardino di casa. Così ho chiesto ai carabinieri di intervenire».

L’uomo è stato prima raggiunto da un ammonimento poi dal divieto di avvicinamento. Alla fine sarebbe stato sottoposto a un tso. Motivo per cui la giudice ha disposto una perizia psichiatrica.

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