Bottigliate, spaccio e degrado, il questore Sant'Elia: «A San Faustino sforzo massimo, ma non basta la repressione»

Il questura Giancarlo Sant?elia
di Maria Letizia Riganelli
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Domenica 20 Marzo 2022, 05:55 - Ultimo aggiornamento: 16:06

Bottigliate, spaccio e degrado. Il quartiere di San Faustino a Viterbo torna nell’occhio del ciclone. E tornano alla ribalta vecchi problemi, mai del tutto risolti. E’ quasi un decennio che il quartiere del centro, a fasi alterne, balza alle cronache. E sempre per gli stessi episodi: risse tra comunità etniche diverse, microcriminalità legata allo spaccio di sostanze stupefacenti.

L’ultimo è quello di appena tre giorni fa, quando un pregiudicato viterbese di 28enne e un bosniaco di 36 anni avrebbero affrontato un ragazzo dominicano colpendolo con il collo di una bottiglia. La violenta rissa sarebbe avvenuta proprio tra i vicoli del quartiere e ha attirato l’attenzione dei residenti, che hanno allertato le forze dell’ordine.

«Il nostro impegno sul quartiere - spiega il questore Giancarlo Sant’Elia - è massimo, ma ciò non toglie che possano verificarsi episodi come questi». San Faustino ha problemi che ciclicamente si ripetono e che spesso sfuggono ai controlli delle forze dell’ordine. «Lavoriamo molto sul centro storico - spiega ancora il questore - e non lo abbiamo perso d’occhio nemmeno durante la fase di restrizioni, dovuta alla pandemia. Lo teniamo, con l’ausilio delle altre forze dell’ordine, sotto controllo 24 ore su 24: noi siamo presenti due sere su tre, le Volanti si occupano del pattugliamento serale e notturno per evitare questi episodi, già da più di un mese.

Abbiamo anche concentrato ulteriori servizi straordinari di controllo, soprattutto con il Reparto prevenzione crimini del Lazio».

Il reparto entrato in attività proprio giovedì scorso insieme alla stradale e alle Volanti della Questura. Controlli mirati e intensificati che non riescono sempre a fermare situazioni pronte a degenerare. Probabilmente perché la storia del quartiere di San Faustino non è così semplice da sanare. Perché se i controlli aiutano a non far esplodere la situazione, non possono far niente per aiutare un quartiere a rinascere.

A pacificare residenti storici e nuove comunità etniche che in quella porzione di città hanno creato piccole enclave. «Per rilanciare un quartiere - afferma ancora il questore - serve progetto integrato non basta la sola forza di polizia di prevenzione e repressione». Progetto integrato che dovrebbe essere declinato alle voci decoro urbano, servizi efficienti e pubblica illuminazione funzionante. Passi e passaggi che al momento il quartiere soffre. Così come soffrono le storiche attività e i residenti rimasti, sempre più esasperati.

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