Viterbo, assistenti sociali: lettera a Mattarella e Conte. «Il nostro venga riconosciuto lavoro usurante»

Viterbo, assistenti sociali: lettera a Mattarella e Conte. «Il nostro venga riconosciuto lavoro usurante»
di Massimo Chiaravalli
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Venerdì 22 Maggio 2020, 07:50
«Vi invito a riflettere, si dovrebbe riconoscere a tutti gli effetti che il lavoro dell’assistente sociale è decisamente usurante». Destinatari: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier Giuseppe Conte e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. E’ una lettera molto garbata, quella del coordinatore dei servizi sociali di palazzo dei Priori, Pierangelo Conti, per chiedere maggiore considerazione per chi opera nel settore.

Conti dipinge un quadro che non è molto diverso da quello di altre categorie in prima linea nel contrasto al coronavirus. «Mi preme far comprendere – scrive - quanto sia duro l’impegno di chi è in mezzo alla gente, va nelle case, riceve pubblico tutti i giorni, cerca di coordinare le associazioni di volontariato e il terzo settore, di frenare chi si porta un po’ troppo avanti». Anche loro «assicurano attenzione a tutti ed entrano in contatto con utenti a volte malati o aggressivi, spesso riutilizzando più volte quei pochi dispositivi di protezione personale disponibili, per colpa di nessuno».

Operativi in questo periodo h24, sette giorni su sette, hanno organizzato anche la distribuzione dei buoni spesa. «Siamo quelli che spesso devono fare il “lavoro sporco” – continua Conti - perché siamo il collegamento fra le fasce più sensibili e a volte emarginate della popolazione e le istituzioni». In certi casi è merito proprio dei servizi sociali se «un forte disagio sociale non esplode: è grazie all’opera poco visibile di migliaia di colleghi».

Da queste premesse la richiesta di riconoscimento. La speranza del coordinatore del settore è che «a livelli superiori possa essere percepita la nostra funzione». La decisione di scrivere a Mattarella, Conte e Zingaretti è arrivata guardando «le colleghe affannate dietro le loro mascherine e incollate al telefono, alcune intente a preparare i buoni per i generi alimentari da distribuire alla cittadinanza. Allora ho pensato che era importante sollecitare un riconoscimento per tanti colleghi: non una medaglia – conclude - ma la presa di coscienza delle difficoltà che si riscontrano anche in tempi normali».
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