La spesa alimentare dei viterbesi tra le più alte in Italia: +12,8% rispetto a un anno fa

La spesa alimentare dei viterbesi tra le più alte in Italia: +12,8% rispetto a un anno fa
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Sabato 13 Agosto 2022, 10:35 - Ultimo aggiornamento: 21:50

Sempre più difficile arrivare a fine mese, la corsa dei prezzi fa male ai viterbesi: rispetto a un anno fa per alimenti e bevande ogni famiglia media spende 713 euro in più. Un aumento record del 12,8 per cento, ben oltre il 10 della media nazionale. In Italia peggio del capoluogo solo Cosenza, dove mangiare costa il 13,1 per cento in più pari a 847 euro.

Carovita, anche nella Tuscia continua la corsa dei prezzi: boom per frutta e verdura

A fornire il dato è un rapporto dell'Unione italiana consumatori elaborato incrociando i dati del paniere Istat tra luglio 2021 e luglio 2022. Un dato sconfortante che addensa nubi nere all'orizzonte per famiglie e imprese già dal prossimo autunno. L'aumento della spesa alimentare, a cui andranno sommati i rincari di carburanti, luce e gas, da una parte rischia di allargare la platea delle fasce in difficoltà, dall'altra avrà come effetto quello di deprimere i consumi causando un'ulteriore battuta d'arresto alla fragile economia della Tuscia.

A preoccupare è l'eterogeneità degli aumenti che non risparmia nessuno settore e tocca ogni tipo di alimento. La palma spetta comunque al comparto ortofrutticolo, segnato dal boom dei rincari di gasolio, dei fertilizzanti, dalle mancate semine primaverili e da ultimo dalla siccità record che ha dimezzato la produzione. Nei maggiori supermercati della città, a esclusione parziale dei soft discount, alcuni tipi di insalata hanno superato i 2,30 euro al kg mentre per i pomodori il prezzo medio balla intorno ai 2 euro.

E non va meglio per la frutta: prezzi record per anguria, tra l' 1,5 e i 2,5 euro, meloni, tra 1,5 e 2 euro e pesche che in alcuni banchi sono arrivate a costare oltre 5 euro, a dispetto della stagione di raccolta. Mauro Pacifici, presidente di Coldiretti, così nei giorni scorsi commentava la corsa dei prezzi: «C'è una pesante speculazione e gli aumenti del costo dei prodotti non finiscono certo nelle tasche degli agricoltori che, da inizio anno, continuano a lavorare in perdita. Serve un controllo maggiore per tutelare la filiera e i consumatori».
Meglio non va per altri prodotti.

Da inizio anno lo yogurt no logo è passato in media da 0,19 centesimi a 0.22 (+16%), il latte fresco parzialmente scremato ha raggiunto 1,90 euro.

Boom anche per pesce e carne. Lo sgombro (prezzo al supermercato e non in pescheria) da 5,99 a 6,99 al kg (+17%), l'orata in offerta da 6,99 a 8,99 (+28%), non in offerta da un prezzo medio di 12 - 13 euro di un fa ai 16 di oggi (32 - 34%). Passando alla carne, in un soft discount un pollo intero è passato da 3,99 a 4,59 (+15%), il petto è volato fino a 16 euro. Salame ungherese a fette in offerta da 0,99 a 1,29 (+31%). Volano anche i prodotti a base di soia per vegetariani: rincaro medio per gli hamburger del 27%; i pani particolari, quello ai semi oleosi da 0,99/etto a 1,19.

Nei supermercati standard il petto di pollo ha raggiunto picchi di 16 euro, mentre la fesa di tacchino arrosto è passata da un minimo di 12,90 a un massimo di 16,90 (+30%). Volano anche i prodotti a base di soia per vegetariani, con un rincaro medio per gli hamburger del 27%, ed i pani particolari, quello ai semi oleosi da 0,99/etto a 1,19.
 

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