Mafia viterbese, il procuratore generale chiede la conferma integrale di tutte le condanne

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Martedì 23 Marzo 2021, 06:55 - Ultimo aggiornamento: 12:43

Mafia viterbese, il procuratore generale in Appello chiede la conferma integrale di tutte le condanne già comminate. Seconda udienza in Corte d’Appello per la banda capeggiata da Giuseppe Trovato e Ismail Rebeshi, difesi rispettivamente da Giuseppe Di Renzo e Roberto Afeltra.

Tutti gli imputati furono condannati in primo grado per associazione a delinquere di stampo mafioso. Il gup del Tribunale di Roma, Emanuela Attura, emise condanna per oltre 79 anni di carcere. La pena più dura al capo Giuseppe Trovato: 13 anni e 4 mesi. Dodici, invece, gli anni per Ismail Rebeshi considerato il capo degli albanesi, braccio armato del sodalizio mafioso. 

Nessun passo indietro rispetto alle accuse mosse alla banda. Quella che operò a Viterbo tra il 2017 e il 2019, per il Procuratore generale era sicuramente un’associazione mafiosa. A gennaio di un anno fa i fratelli Spartak e Shelkezn Patozi, sempre pronti ad aiutare i capi, furono condannati, rispettivamente, a 8 e 8 mesi e 8 anni . 
Gazmir Gurguri a 7 anni e 4 mesi. Il consigliere del capo Luigi Forieri a 8 anni e 4 mesi. Gabriele Laezza 8 anni. La compagna di Trovato Fouzia Oufir a 5 anni e 4 mesi. La commessa del compro oro del calabrese, Martina Guadagno, a 2 anni e 4 mesi.

Per lei però anche una notizia positiva. Il giudice non la ritenne parte della banda togliendo dalla condanna l’associazione mafiosa. 

«Chiedo - ha detto al termine della discussione il pg- la conferma di tutte le condanne così come sono state formulate in primo grado. Chiedo inoltre che vengano riconosciute le attenuanti generiche per Sokol Dervishi».
Dervishi è l’unico della banda che dopo essere stato arrestato ha deciso di collaborare con la giustizia. Per due volte è stato ascoltato dagli inquirenti e per due volte ha raccontato retroscena e fatti che hanno rafforzato le accusa dei pm antimafia Giovanni Musarò e Fabrizio Tucci.

Sokol Dervishi, decidendo di collaborare con la giustizia, in primo grado, ha ottenuto un notevole sconto che si è sommato a quello per la scelta del rito (l’abbreviato consente infatti lo sconto di un terzo della pena). Per lui “solo” 6 anni di reclusione. La sua condanna in secondo grado potrebbe essere ridimensionata. In discussione, ieri mattina, anche le 19 parti civili che si sono costituite, tra cui il Comune di Viterbo. Si torna in aula il 7 aprile. La parola agli avvocati della difesa.

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