Imprese, nel Viterbese 3 su 10 guidate da una donna. Ma l'occupazione femminile non decolla

Imprese, nel Viterbese 3 su 10 guidate da una donna. Ma l'occupazione femminile non decolla
di Luca Telli
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Mercoledì 3 Febbraio 2021, 11:03 - Ultimo aggiornamento: 4 Febbraio, 10:33

Imprese, nella Tuscia tre su dieci sono rosa. Un dato che piazza la provincia al settimo posto nella classica italiana, quattro punti percentuali sopra la media nazionale.

«Numeri che confermano il trend di crescita degli ultimi anni e che non possono essere che un segnale positivo per il territorio», spiega dalla segreteria Cisl Elisa Durantini, che danni segue le dinamiche femminili. La scalata delle imprenditrici viterbesi era infatti iniziata nel 2014 e aveva toccato nel 2017 il 27,5%, identico numero registrato a settembre 2020, ultimo mese di cui tiene conto la classifica.

L’identikit che esce fuori è quello di una donna tecnologicamente avanzata «che utilizza le sue competenze informatiche per creare una start up digitale. Partito magari come un passatempo e poi diventato fonte di reddito», spiega. «Con l’impatto pesante che il Covid ha avuto sulle nostre imprese si tratta di un risultato importante», aggiunge Durantini. Che poi smorza gli entusiasmi: «Aspettiamo prima di cantare vittoria perché gli effetti della pandemia sono appena all’inizio».

Da storico infatti il più alto numero di chiusura delle attività si registra nel primo trimestre dell’anno. Quanto all’indagine in sé, che vede la provincia di Benevento in prima posizione, alcuni aspetti vanno presi in considerazione. «Nel computo statistico infatti non ci sono solo le imprese che il significato della parola sembra portare – continua, ma anche tutto l’esercito in crescita dalle partite iva. Di più va tenuto conto del regime di agevolazione fiscale e di accesso al credito che da una parte Regione e governo, dall’altra l’Unione Europea riserva alle donne che, ad ogni modo, restano penalizzate dal sistema lavorativo.

Non vale l’equazione crescita dell’imprenditoria femminile aumento del lavoro rosa».

Secondo l’Istat infatti, in un dato sull’occupazione diffuso lunedì, il prezzo più pesante della pandemia è a carico delle donne. Solo il 2% di chi ha perso il lavoro è di sesso maschile. Un’emergenza con cui anche la Tuscia, ai margini del lavoro giovanile con uno dei tassi di inoccupati più alto d’Italia (dato 2020), è costretta a fare i conti.

«Il problema non è tanto nelle figure ricercate, quanto nel ruolo che la donna ha nella società – conclude Durantini-. È il primo care giver e il  perno assistenziale di riferimento per la sua famiglia e quella d’origine. Venendo a mancare una struttura assistenzialista solida, e penso agli asili nidi e sostegni economici per i nuclei famigliare, ecco che spesso una donna si trova davanti a una scelta. Lavorare o seguire la sua famiglia».

La legge di bilancio 2021 ha dedicato un capitolo importante al sostegno dell’occupazione femminile. L’articolo 1 commi da 16 a 19, prevede la decontribuzione al 100% per i datori di lavoro che assumono donne disoccupate o prive di un lavoro regolarmente retribuito. Non una panacea come potrebbe sembrare, l’effetto attrattivo del nuovo incentivo sembra infatti ridotto. Da una parte lo sgravio totale riguarda esclusivamente contratti a tempo indeterminato (o converti in) per donne lavoratrici over 50 disoccupate da oltre 12 mesi.

Dall’altro la decontribuzione totale fino al limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui è prevista per i datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato donne prive di un lavoro regolarmente retribuito. Farmaci senza una vera cura.

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