Producevano, confezionavano e vendevano articoli contraffatti, denunciati “artigiani” del falso

Il sequestro delle fiamme gialle
2 Minuti di Lettura
Venerdì 2 Ottobre 2020, 20:25
Producevano, confezionavano e vendevano capi d’abbigliamento contraffatti, denunciati due “artigiani” del falso. La Guardia di finanza di Viterbo nei giorni scorsi ha concluso una articolata operazione che ha portato, nel corso di due diversi interventi, al sequestro di 10.141 capi e articoli contraffatti, riconducibili a numerose e note case di moda. I due uomini sono stati fermati dalle Fiamme gialle mentre trasportavano grossi sacchi.

All’interno scarpe, felpe, giacche e borse delle marche più note: Moncler, Ralph Lauren, Armani Jeans, Stone Island, Colmar, Burberry, Adidas, Nike, Fred Perry. La Finanza dopo aver sequestrato la merce ha esteso la perquisizione nei domicili dei due uomini. E’ qui che è stato scoperto il laboratorio del falso.

I due, infatti, non solo vendevano merce contraffatta ma la producevano. Oltre ai capi di abbigliamento sono infatti stati sequestrati bottoni, aghi, rocchetti di filo, forbici e macchine da cucire. L’operazione si inquadra nell’ambito della costante attività della Guardia di Finanza di Viterbo a tutela dell’economia sana e al contrasto all’abusivismo commerciale.

Tutta la merce rinvenuta era priva di etichette, talloncini, marchi olografici  ed è stata quindi sequestrata.
I due uomini sono stati segnalati alla Procura per il reato di uso di marchi contraffatti, detenzione ai fini della vendita di merce con marchi di fabbrica presumibilmente contraffatti ed atti a indurre in inganno il compratore sull’origine, provenienza e qualità della stessa, nonché per il reato di ricettazione.

«L’attività investigativa delle fiamme gialle della Tuscia  - spiegano - non si chiude qui. La finalità di questi interventi è anche e soprattutto quella di ricostruire la “filiera del falso”, fino ai canali di produzione e approvvigionamento delle merci, attraverso l’individuazione dei produttori e degli importatori illegali operanti in svariate regioni italiane. Infatti, tale merce in commercio - concludono -, considerati i normali prezzi di mercato, può fruttare illeciti ricavi e alimentare il concetto di “concorrenza sleale”, arrecando enorme danno all’economia onesta nel settore dell’abbigliamento».
© RIPRODUZIONE RISERVATA