Secondo trimestre in rosso per il Viterbese, male commercio e strutture recettive

Secondo trimestre in rosso per il Viterbese, male commercio e strutture recettive
di Luca Telli
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Sabato 3 Ottobre 2020, 06:40 - Ultimo aggiornamento: 16:48
Secondo trimestre in calo per la Tuscia. Crisi per commercio, strutture recettive e ristoranti. Tengono agricoltura e settore edile, in crescita l’area immobiliare. Rispetto allo stesso periodo del 2019 all’appello mancano 205 imprese. In calo le nuove aperture. Quota di profitto in linea con il dato diffuso ieri mattina dall’ISTAT che stima in 2 punti percentuali la diminuzione rispetto al trimestre precedente.

«C’è poco da stare sereni, quello che abbiamo visto finora potrebbe essere solo la punta dell’iceberg – spiega Giancarlo Bandini, segretario provinciale di Confimprese -. I sette mesi che abbiamo davanti saranno un esame durissimo per migliaia di imprese: non esistono settori esenti dal pericolo di una stagione di chiusure».

Una differenziazione nella percentuale di rischio può essere fatta. L’effetto lockdown si è accanito particolarmente sulle aree di mercato strutturalmente più fragili, quelle con i conti in rosso già prima della pandemia: il commercio al dettaglio e, in primis, l’abbigliamento. Poi sui settori che costruiscono la loro forza economica esclusivamente sul transito diretto di persone.

«Una rondine non fa primavera – continua in proposito Bandini – i numeri che i ristoranti hanno registrato quest’estate compensano solo parzialmente le perdite. Stessa cosa per gli alberghi per i quali un agosto da tutto esaurito non è sufficiente a tirare fino al 2021». Sulle imprese non pende poi solo il rischio di nuove misure legate all’aumento dei contagi ma anche la pressione fiscale, per l’Istat arrivata al 43,2%, in crescita di 1,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente: «Nonostante – si legge nella nota diffusa dall’Istituto di statistica - la marcata riduzione delle entrate fiscali e contributive».

E, ancora, pesa l’aumento della propensione al risparmio delle famiglie (+18,5%), trascinata da un crollo del reddito e del potere d’acquisto che si traduce in una contrazione dei consumi in doppia cifra (-11,8%)
«La vera sfida da vincere è quella legata al taglio del costo del lavoro – spiega Fortunato Mannino, segretario provinciale della CISL -. Senza una riforma seria che tenga conto delle necessità degli imprenditori, senza colpire i dipendenti, anche solo pensare di ripartire non è possibile».

Per Mannino, la politica messa in piedi dal governo resta un palliativo: «Bisogna creare occupazione, preoccuparsi di costruire ponti prima che dighe – continua – i miliardi messi sul piatto dall’Unione Europa vanno orientati in questa direzione. Per trainare i consumi serve disponibilità, serve quindi garantire una soglia di sicurezza alle persone: serve, in ultima analisi, lavoro».
 
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