Viterbo, per il coronavirus la crisi del lavoro la pagano giovani e donne

Viterbo, per il coronavirus la crisi del lavoro la pagano giovani e donne
di Luca Telli
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Domenica 8 Novembre 2020, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 17:41

Occupazione e lavoro, la Tuscia si prepara all’impatto della seconda ondata e prova a resistere. Priorità, usare tutti gli strumenti per tutelare le imprese e i lavoratori atipici toccati solo di striscio dai provvedimenti del governo l’apparato di sostegno messo in piedi dal quale negli ultimi 7 mesi sente cigolare i cardini.

Il rafforzamento della cassa integrazione, estesa di 10 settimane (più altre 8 variabili), e il blocco dei licenziamenti prolungato al 31 marzo sembra avere avuto effetti di difesa evidenti esclusivamente sui i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, su chi era già in una posizione lavorativa più stabile anche prima della pandemia.

«Si dimentica, insomma, tutta la fascia più fragile del tessuto lavorativo che rischia di rimanere impantanata nelle sabbie delle recessione», spiega Fortunato Mannino, segretario della Cisl, preoccupato dalla velocità della curva dei contagi e dai mesi che ancora separano dalla primavera, deterrente empirico del Covid.

«A marzo ci trovavamo in una situazione difficile, oggi è forse peggio – continua – . C’erano le chiusure ma la pandemia aveva solo lambito la nostra provincia, adesso siamo sotto stress con un alto numero di positivi e una situazione in peggioramento che rischia di annullare ogni ipotesi di ripresa». Ripresa che sul fronte occupazionale c’è stata, sulla scia del resto del Paese con numeri pre Covid lontani (a settembre -330mila rispetto a febbraio riporta l’ISTAT), ma sulla quale Mannino non ripone troppe speranze.

«L’anno si chiuderà con il segno meno, difficile pensare il contrario.

Gli indicatori tengono conto di tutte le tipologie di occupati e non solo degli stabili – spiega - In un territorio come il nostro dove la stagionalità gioca una componente importante, un rimbalzo era prevedibile».

“Lavoro a singhiozzo” lo definisce Mannino. Una flessibilità, diventata dogma dell’ultimo ventennio, malata e utile per sostenere solo marginalmente l’economia e che di contro erode garanzie contribuendo al depauperamento del tessuto economico provinciale dove la situazione resta difficile. «Le figure più a rischio – continua Mannino - sono giovani e donne, una ferita ormai cronica nella nostra aerea». Più della seconda, sono gli under 25 a preoccupare con percentuali da bassa classifica sull’ottenimento di un contratto di lavoro stabile.

«Per questo diventa indispensabile un piano di investimento per le aziende che stanno annaspando. Senza degli strumenti validi la forbice dell’occupazione è destinata ad abbassarsi – conclude Mannino -. Da anni la Tuscia rappresentata una zona critica, come sindacato raccogliamo giornalmente la testimonianza di decine di lavoratori e imprenditori in difficoltà. Prima che l’acqua a bordo sia troppa è bene intervenire».

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