Cassiere e commesse, la denuncia: «Noi a rischio contagio, escluse dalle categorie vaccinabili»

File al supermercato
di Federica Lupino
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Venerdì 19 Marzo 2021, 10:52 - Ultimo aggiornamento: 20:26

“Esposte per diverse ore al pubblico. Alle prese con chi ancora spaccia teorie complottiste e si rifiuta di indossare la mascherina. Abbiamo sempre garantito il servizio, anche durante il primo lockdown e ora in zona rossa. Eppure, nessuno ci riconosce il rischio”.

Cassiere e commesse si sentono trattate da lavoratrici di second’ordine. E adesso che la campagna vaccinale – nonostante il momentaneo stop ad Astrazeneca – è entrata nel vivo almeno nella definizione delle linee di intervento, non ci stanno a venire escluse dalle categorie a rischio. “Purtroppo – dà loro man forte la Cisl, col segretario Fortunato Mannino – tutti i giorni queste dipendenti corrono seri pericoli di contrarre il virus, anche se i protocolli vengono rispettati e i datori di lavoro forniscono i dispositivi di sicurezza”.

Il sindacato, quindi, fa da megafono alle richieste di inserire subito nei protocolli vaccinali la categoria, senza attendere – come è al momento – che scatti il turno delle rispettive fasce d’età. “Il sindacato – aggiunge Mannino – ha ripetutamente segnalato questa crepa nella campagna di vaccinazione alla Regione Lazio, chiedendo di sanare questa grave disattenzione nei confronti di un comparto che, insieme ai sanitari e agli altri fornitori di servizi primari, ha continuato a prestare servizio ininterrottamente senza mai mollare”.

I racconti di chi ogni giorno, indipendentemente dal colore della regione, si è recato sul posto di lavoro per assicurare l’approvvigionamento alimentare restituiscono la fatica accumulata e la consapevolezza del ruolo giocato in quest’ultimo anno. “Senza nulla togliere a chi era in prima linea negli ospedali – rivendica Ombretta, impiegata in una catena del fai da te – anche noi abbiamo sempre garantito il servizio al cittadino ma senza riconoscimenti.

Devo ammettere che la multinazionale per cui lavoro a fine hanno ci ha gratificati con un premio economico ma il resto della società sembra non riconoscere il contributo che abbiamo dato e stiamo dando”.

La donna racconta del weekend di fuoco appena trascorso quando, dopo l’annuncio dell’imminente passaggio in rosso, migliaia di persone si sono riversate anche dalla provincia per acquistare prodotti che ora non sono vendibili, ritirare quanto ordinato, fare scorte. “Abbiamo affrontato questa mole di persone cercando di essere cauti. Siamo sempre stati riforniti con le Fpp2, ci sono i plexiglass ma molti clienti – racconta – li aggirano per parlarci da vicino, altri si abbassano la mascherina. Il rischio c’è ed è quotidiano. Vorremo anche noi la possibilità di essere vaccinati tra le categorie prioritarie”.

Le fa eco Luana che lavora in un ipermercato di Viterbo. “Penso agli insegnanti messi in lista per i vaccini anche se in Dad e, comunque, a contatto con gruppi ristretti e identificati di alunni. Le cassiere invece – sottolinea – ogni giorno vedono passare davanti a sé centinaia di persone, sempre diverse. E se c’è chi chiama i carabinieri perché lamenta assembramenti alle casse in realtà inesistenti, c’è anche chi all’inverso non si cura della pandemia e si presenta a pagare con la mascherina abbassata. Spesso poi, alle nostre richieste di indossarla come si deve, ci aggrediscono verbalmente. Chiediamo solo di essere prese nella giusta considerazione”.

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