Coronavirus, lo studioso dell'Unitus: «La fauna non è in quarantena e sta guadagnando spazi»

Il professor Andrea Amici
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Mercoledì 6 Maggio 2020, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 18:01
Tornano protagonisti gli animali selvatici. Uno degli effetti prodotti dalla pandemia da Coronavirus è il ritorno in luoghi a lungo proibiti degli animali selvatici. In questi giorni sono stati avvistati e segnalati diverse specie di animali, anche acquatici, dove da tempo non se ne vedevano. 

«La fauna - spiega il professore dell’Università della Tuscia, Andrea Amici, docente e ricercatore nel settore faunistico - non è in quarantena. Il comportamento della fauna selvatica, forse, non è cambiato a seguito della serrata e dello spospolamento di città, aree urbane, strade, ma anche boschi e spiagge. Tuttavia il mancato utilizzo umano di queste aree ma anche dei veicoli a motori, e non dimentichiamo aerei e natanti, ha permesso a tante specie di espandere (temporaneamente) il proprio areale».

Un nido incastrato nel retrovisore di una auto in sosta da tempo, una folaga che sceglie il vano motore di una barca, per costruire il nido. Esempi di “ripresa degli spazi” da parte degli animali se ne contano a bizzeffe in questo periodo. «Gli esempi possono essere molti - continua Amici -, dai tritoni che ricolonizzano stagni e pozzanghere alle anatre che sguazzano in fontane e laghetti dei parchi urbani abbandonati dai runners e dai bambini chiassosi. 

Il caso più eclatante, però, è quello degli ungulati». I cinghiali da tempo sono una presenza in città. Se ne vedono a branchi non solo in tempo di Coronavirus. «Senza veicoli questi animali si rendono maggiormente visibili e non esitano a percorrere innaturali strisce di asfalto. Purtroppo, la chiusura delle attività ha colpito anche la ricerca, soprattutto quella che si svolge in campo, quindi non abbiamo una “misura” delle variazioni che sia scientificamente rilevante, ma solo delle indicazioni aneddotiche relative a poche osservazioni».

Ma insieme all’attività è venuta meno anche la gestione della fauna selvatica, «il cui equilibrio con le attività antropiche non può prescindere da azioni gestionali attente e pronte, quindi poco compatibili con il sistema amministrativo italiano. Forse - rileva Amici - a pagarne il prezzo sarà l’agricoltura che non ha goduto, in quanto sospesa per emergenza sanitaria, del prelievo finalizzato alla riduzione degli impatti sulle colture».

La caccia di selezione non è tra le attività che possono riprendere, la Regione Lazio ha dato l’ok alla pesca ma non all’attività venatoria.
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