Viterbo, estate compromessa: 2 strutture su 5 potrebbero non aprire. Turismo all'anno zero

Viterbo, estate compromessa: 2 strutture su 5 potrebbero non aprire. Turismo all'anno zero
di Luca Telli
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Giovedì 9 Aprile 2020, 08:10 - Ultimo aggiornamento: 10:18
Due strutture su cinque nel Viterbese potrebbero decidere di non aprire per la stagione estiva. Sono soprattutto bar e ristoranti, la categoria che più delle altre sta vivendo queste settimane nell’incertezza, ma nel calderone finiscono anche stabilimenti balneari, campeggi e hotel.

Così è secondo un’indagine portata avanti da Confesercenti. «Per il turismo è l’anno zero, una crisi del genere non è mai stata affrontata – dice Vicenzo Peparello, segretario provinciale – le prenotazioni sono crollate in tutta provincia, la speranza è quella di recuperare qualcosa sul finire della stagione per evitare di finire del tutto sott’acqua». 

Il calo nel comparto turistico supera il 70%. «A marzo e aprile le disdette sono state vicine al 100% - continua Peparello –, per la nostra provincia e per la sopravvivenza delle imprese sono mesi fondamentali intorno ai quali gira un terzo del fatturato annuale». Un crollo vertiginoso che tanto costerà in termini di posti di lavoro: tra cassa integrazione e contratti non rinnovati, tirando dietro strutture e tutto il microcosmo che gira intorno al settore, dalle guide, agli stagionali della ristorazione.

 A essere particolarmente colpito, oltre al litorale, è il bacino del Lago di Bolsena che, da solo, raccoglie più del 30% del flusso turistico della provincia: più della metà se considerato solo quello estero, azzerato a su volta. «Tedeschi e olandesi non verranno in Italia, la situazione che stiamo vivendo noi è identica in tutta Europa – continua Peparello – bisognerà programmare e puntare su un turismo territoriale per favorire il rilancio, garantendo alle aziende la possibilità di lavorare in tranquillità. Una cosa è certa: si lavora tutti insieme o non se ne uscirà». 

L’impatto, sulla provincia, distruttivo.  «Parlare di dramma è riduttivo – dice Roberto Micozzi, gestore dello stabilimento Boa Sorte di Tarquinia - Quando è scoppiata l’emergenza potevamo ipotizzare una partenza a rilento ma questo no». Micozzi, che insieme a altri gestori aveva giocato d’anticipo sulla chiusura imposta dal decreto del presidente del Consiglio, ora pensa a salvare il salvabile, nella speranza di una schiarita nelle prossime settimane.

«Dovremo ripensare il lavoro in ogni suo aspetto – dice -. Probabilmente limiterò il servizio ristorante e bar, potenziando altro. È un bel rompicapo ma so che ne usciremo».

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