Viterbo, famiglie senza lavoro per l'emergenza: la Caritas in aiuto dei nuovi poveri

Luca Zoncheddu, direttore Caritas Viterbo
di Renato Vigna
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Venerdì 10 Aprile 2020, 08:25 - Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 09:53

C’è il cameriere che ha perso il lavoro perché il ristorante in cui lavorava resta chiuso. Il muratore al nero la cui ditta ha interrotto i cantieri. Il commesso il cui negozio ha abbassato le saracinesche. Sono i nuovi poveri che il Covid-19 ha costretto a chiedere aiuto alla Caritas. Perché se è vero che ci sono gli ammortizzatori sociali a disposizione, i tempi per l’erogazione spesso non collimano con la necessità di mettere qualcosa in tavola. Così come molti, pur non essendo al nero, hanno contratti in cui risultano ore lavorative inferiori a quelle realmente effettuate e su cui si basa la cassa integrazione.

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«Quelli che vengono da noi ora sono nuovi poveri, persone che prima dell’emergenza non avevano bisogno di aiuto», racconta il responsabile della Caritas diocesana, Luca Zoncheddu. All'inizio della crisi, al centro di ascolto si presentavano in media in 7 al giorno, ieri sono stati 15. Tra le ultime persone che si sono rivolte ai volontari, un nucleo familiare con 4 figli: il padre non lavora più e sono rimasti al verde. «In alcuni casi, sono i nonni a che vanno a fare la spesa anche per i figli e i nipoti. Ma non tutti ce la fanno», continua.

I nuovi poveri si vergognano a chiedere una mano: “Vediamo spesso - ammette - imbarazzo in chi viene da noi: cittadini che non erano ricchi ma riuscivano a garantirsi una sussistenza. E ora non ce la fanno più. Li ascoltiamo, capiamo le loro esigenze e gli offriamo conforto”. Morale e pratico: i pacchi alimentari ormai vanno a ruba, tanto che il centro di distribuzione viveri diocesano vicino alla mensa Caritas ora è aperto tutti i giorni.

«Abbiamo operativo un tavolo su Skype con le parrocchie, l’emporio solidale, il banco alimentare, il Centro dei diritti sociali di Viterbo per coordinare gli interventi. Inoltre, abbiamo un progetto con il Banco alimentare, denominato Be Food, grazie al quale dopo Pasqua arriveranno in un capannone alla Quesrcia, i prodotti alimentari Agea». Si tratta di un programma promosso dall’Unione europea che porterà anche nel capoluogo latte, olio, pasta, riso, biscotti per l’infanzia.

Inoltre, sono operative altre reti della solidarietà con le parrocchie, le donazioni dei privati e le eccedenza alimentari della distribuzione, grande e non.  «C’è, ad esempio, un docente dell’Unitus che sta mobilitando i colleghi per l’acquisto di buoni spesa da donare alle famiglie in difficoltà. Mentre alcune catene, negozi e il  mercato ortofrutticolo ci forniscono di carne e prodotti freschi», continua Zoncheddu, che sottolinea il grande slancio di solidarietà che da più parti stanno registrando. E chiude con un appello: «Garantiamo aiuto nel rispetto della dignità della persona. Non abbiate vergogna di chiedercelo».

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