«Uno scalo aeroportuale a Viterbo non può essere escluso». Dieci anni dopo il naufragio del primo progetto, mai andato oltre le intenzioni, la partita potrebbe riaprirsi «con qualche spiraglio in più». È la convinzione del deputato di Fratelli D'Italia, Mauro Rotelli. A spingerla il cambio ai vertici di Enac e la nomina a presidente di Pierluigi Umberto Di Palma, incaricato di ridisegnare e ottimizzare la mappa del traffico aereo dei prossimi anni.
Una storia, quello dello scalo viterbese, piena di tanti bassi e pochi alti. L'ultima bocciatura era arrivata a settembre 2020. A tagliare le gambe a una possibile riesumazione del progetto era stato l'amministratore delegato di Adr, Marco Troncone, società che gestisce gli scali di Fiumicino e Ciampino. Nel corso di un'intervista aveva infatti bollato l'opera come economicamente insostenibile: «Solo per garantire accessi ferroviari e stradali servirebbe oltre un miliardo».
«Parole che si riferiscono al vecchio piano precisa Rotelli -. Quello che andremo a sottoporre già lunedì (oggi per chi legge, ndc) ad Ance è molto diverso. Sarà slegato dall'ottica passata che vedeva in Viterbo una valvola di sfogo per il traffico romano e, nei fatti, una succursale degli aeroporti della capitale.
«Per questo avvieremo subito i contatti con l'autorità portuale per capire se esiste questa esigenza continua Rotelli -. Nel caso di una risposta affermativa, allora inizieremo a muovere i primi passi. L'obiettivo sarà quello di creare uno scalo sul modello di Grosseto, un aeroporto militare aperto al traffico civile, che faccia da collegamento turistico per i crocieristi».
La linea guida da seguire è quella già testata, e risultata vincente, tenuta con la fermata dell'alta velocità a Orte. «Dobbiamo muoverci come territorio e non come singole province. Sarà questa la sfida principale dei prossimi anni».
Luca Telli
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