Puccica dal Lussemburgo pensa alla sua Viterbese «Come a Nocera per la salvezza. Poi torno»

Puccica dal Lussemburgo
di Marco Gobattoni
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Mercoledì 4 Maggio 2022, 10:12 - Ultimo aggiornamento: 21:15

In lotta per la Champions League e più in generale per le coppe europee, ma con il cuore e la mente attaccato all’Italia e alla sua Viterbese. Lillo Puccica, ex tecnico della Viterbese e di tanti altri club nazionali e provinciali, sta vivendo il suo terzo anno in Lussemburgo, dove lavora come vice-allenatore dello Swift Hesperange, compagine lussemburghese che milita nel campionato di serie A e sta lottando per le prime tre piazze che proiettano in Europa.

Sabato però, c’è in programma una partita che per Puccica ha un sapore particolare: il play-out per la permanenza in serie C tra Fermana e Viterbese, ripercorre la carriera dell’allenatore di Capranica come una scossa tellurica. Lui, che ha guidato entrambe le squadre, non ha dubbi su chi tifare: l’eroe di Nocera sa come si vincono partite al limite dell’impossibile e nella doppia sfida per la sopravvivenza, i gialloblù, dovranno avere lo stesso sangue freddo di quel 3 giugno 2001 nell’inferno di Nocera.

«Quella di Nocera è un’impresa che rimarrà per sempre nella storia della Viterbese – racconta dalla quiete lussemburghese Puccica – fui catapultato dalla Berretti alla prima squadra senza neanche accorgermene ma sentivo che sarebbe stata la mia grande occasione».

Quella Viterbese era una squadra che oggi avrebbe lottato tranquillamente per le prime posizioni in tutti i gironi di serie C: una squadra composta da uomini di carattere come Coppola, Merlo, Masini, Martinetti e Di Bitonto che seppe resistere ad un ambiente ai limiti della legalità.

«Il livello si è abbassato – ammette l’ex tecnico della Flaminia – quella C valeva una serie B odierna e non è una frase fatta: basterebbe guardare le rose di allora di Nocerina e Viterbese per farsi un’idea del livello.

Giocammo in un ambiente impossibile: il sottopassaggio che portava agli spogliatoi era pieno di tifosi della Nocerina; mi ricordo che per la tensione riuscii ad esultare soltanto quando con il pullman eravamo a Caianello nel Lazio».

Oggi a ripensarci Puccica sorride. La Viterbese però non può ancora farlo: quelli contro la Fermana saranno 180 minuti di fuoco dove non bisognerà sbagliare nulla nonostante i vantaggi che Polidori e compagni potranno sfruttare. «Ma in partite di questo tipo si azzera tutto – avverte Puccica – secondo me la Viterbese è più forte ma la Fermana ha un ambiente caldo e alcuni singoli giocatori che in situazioni come questa possono fare la differenza. La testa sarà importante: la Viterbese deve indirizzare la salvezza già a Fermo».  

I ricordi dolci del passato risvegliano anche la voglia di tornare a misurarsi con il calcio italiano. Puccica, dopo tre anni, sta pensando di tornare a casa. «Qui sto benissimo: ho imparato il francese e a livello calcistico non mi manca nulla. Ho avuto la possibilità di vivere serate di coppe europee ma forse è giunto il momento di tornare a casa anche perché stare lontano dalla famiglia non è semplice». Tornare si, ma dove? «Mi sento un primo allenatore: sono partito dai giovani e da loro mi piacerebbe tornare: in Italia non si allena più il talento».

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