Viterbese, Camilli dopo la maxi squalifica non si piega: «Li denuncio e poi mollo il calcio»

Viterbese, Camilli dopo la maxi squalifica non si piega: «Li denuncio e poi mollo il calcio»
di Giorgio Renzetti
3 Minuti di Lettura
Domenica 26 Maggio 2019, 11:29 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 09:38

«Mio figlio Luciano è nel calcio con me da dieci anni, se esce lui io lo seguo. La società Viterbese è in vendita, posso anche regalarla. E non ci saranno ripensamenti». E' chiaro: non ci sono mezze misure con Piero Camilli. Il presidente della Viterbese Castrense è pronto alla battaglia (non solo legale) per confutare i presupposti della squalifica per 5 anni inflitta al tesserato Luciano, suo figlio, dopo il calcio a Giorgio La Cava, presidente dell'Arezzo, lo scorso mercoledì sera prima della partita allo stadio Rocchi.

Camilli, chiariamo: cosa è accaduto nel tunnel del Rocchi?
«Lo abbiamo ricostruito da materiale fotografico e video. Questo signore, poi signore... pur non potendo entrare in campo è andato dai tifosi della sua squadra, a intonare cori e cose varie. Tornando indietro è passato davanti ai nostri tifosi, della tribuna centrale, provocandoli e rimediando parolacce e insulti. Poi entra nel tunnel per tornare negli spogliatoi».

Perfetto. E qui cosa succede?
«C'è una foto in cui mio figlio gli dice di piantarla, che non deve provocare in casa d'altri a rischio di causare incidenti. La risposta? Insulti a lui e alla mia famiglia, cosa che ha provocato la reazione di mio figlio con un calcio al ginocchio».

A quel punto viene soccorso? Ci sono commissari di campo che intervengono?
«No, quel signore va in tribuna e poi, ci sono sempre i video a riprenderlo, prima va avanti e indietro e poi si accascia. Arriva così il medico, viene soccorso e viene portato in ospedale con l'ambulanza. E mentre è a bordo si fa un selfie. Al pronto soccorso viene dimesso con una prognosi di 10 giorni per una lieve escoriazione al ginocchio».

Come si spiega poi la velocissima decisione del giudice sportivo, già il giorno seguente?
«Si spiegherebbe con la presenza, al momento dei fatti, di tre procuratori federali. I quali però avrebbero dichiarato cose diverse uno dall'altro: uno parla di un pugno, l'altro di una spinta. Mi chiedo: ma erano lì veramente? Il commissario di campo era altrove. Mi dimetto da ogni carica federela e li denuncerò. Intanto ci difenderemo in ogni sede legale».

Camilli conferma di voler lasciare il calcio?
«Sì, dico basta. Io esco, la società è in vendita, sana e con i conti a posto: penso che non sia mai successo. Anzi, se c'è qualcuno di Viterbo gliela regalo. Sennò si ricomincerà dalla Terza categoria».

Però già altre volte aveva detto di voler andar via...
«Stavolta dico basta. Esce mio figlio ed esco io. E non ho altre squadre. Farò altre cose, anche il sindaco a Grotte, certo. Anche se pure dalla politica mi allontanerei subito, per come è ridotta».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA