Vaccini, il 1° marzo tocca ai 65enni dai medici di famiglia. Fiore (Fimmg): «Ecco come funzionerà»

A sinistra MIchele Fiore
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Domenica 21 Febbraio 2021, 06:10 - Ultimo aggiornamento: 22:15

“Quello che dico ai miei colleghi è: vaccinate, vaccinate, vaccinate. È un nostro dovere e, fosse stato per me, non avrei previsto la possibilità di scegliere se aderire o meno. Sono sinceramente dispiaciuto per quanti si sono rifiutati”. Michele Fiore è il segretario provinciale della Fimmg, la Federazione italiana medici di medicina generale: proprio ieri ha partecipato all’ennesima riunione alla Asl per organizzare la somministrazione dei vaccini che partirà il 1° marzo in tutto il Lazio. 

Quanti medici di famiglia si sono detti disponibili a vaccinare i propri assistiti nel Viterbese?
“Poco più della metà. Parliamo di 117 dottori su 225. Avrei voluto che tutti i medici divenissero vaccinatori”.

Ma qual è la media nel resto della regione?
“Un terzo o poco più. Ma ripeto: sono deluso”.

Perché una parte dei suoi colleghi ha detto no?
“Innanzitutto, per una campagna mediatica non troppo corretta e consapevole. Non è passata la verità sui vaccini anti-Covid, ovvero che presentano gli stessi rischi di quelli antinfluenzali. Le maggiori società scientifiche lo hanno dimostrato. Poi, c’è una percentuale che non si è ancora vaccinata perché ha contratto il virus e quindi, prima di poter partecipare, dovrà essere immunizzata. Si tratta di una trentina di colleghi. Inoltre, qualcuno crede per cattiva conoscenza che preparare i vaccini sia complicato. Ma noi somministreremo gli Astrazeneca: ci verranno consegnati in confezione decadose che, una volta aperta, va utilizzata nell’arco di qualche giorno. Inoltre, possono essere conservati in frigo tra i 2 e gli 8 gradi”.

Crede che le adesioni aumenteranno?
“Sicuramente quando gli assistiti chiederanno informazioni al proprio medico, se questo non avesse aderito potrebbe ripensarci”.

In caso contrario?
“Le vaccinazioni verranno effettuate sia in ambulatori singoli sia all’interno delle Ucp, le unità di cure primarie.

Quindi, in quel caso i pazienti saranno vaccinati da uno dei colleghi associati”.

Come funzionerà?
“Per anno di nascita. Fino a pochi giorni fa avremmo iniziato contattando noi direttamente gli assistiti di 55 anni, ma avendo l’Aifa allargato la somministrazione di Astrazeneca fino ai 65enni, da quelli probabilmente partiremo”.

Sarà dunque il medico di famiglia a dare l'appuntamento?
“Sì, contatteremo iniziando da chi è nato nel 1956, e non ha particolari patologie. I soggetti fragili riceveranno invece lo Pfizer direttamente dalla Asl. In questi giorni, ogni medico reperirà i contatti telefonici per inserirli nelle schede anagrafiche. Da una prima stima, abbiamo calcolato che su una platea media di 1.500 pazienti per dottore, una 40ina hanno 65 anni, mentre ad esempio quelli di 55 anni sono tra le 50 e le 55 unità”.

Quanto impiegherete per vaccinare ogni classe di età?
“Il collo di bottiglia sono i rifornimento: per ora ogni medico riceverà due confezioni decadose ogni due settimane. Quindi, potrà fare 20 vaccini ogni 15 giorni”.

C’è possibilità che ne arrivino di più?
“È il nostro auspicio e quello della Asl a cui va riconosciuto l’ottimo lavoro. Sarà l’azienda sanitaria a consegnare le dosi a ogni Ucp, garantendo la catena del freddo. Le forniture, purtroppo, sono nazionali”.

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